In Svezia una nuova attenzione alla fede

Intervista ad Anders Arborelius, vescovo cattolico di Stoccolma. Dopo secoli in cui sono stati banditi dal Paese, ora i cattolici vivono una nuova unità di azione e di preghiera con la Chiesa luterana
Anders Arborelius

Anders Arborelius è il vescovo cattolico di Stoccolma, l’unica diocesi della Svezia con 45 parrocchie distribuite per tutto il Paese, ed il primo presule di etnia svedese dall’inizio della Riforma luterana. Nel Paese scandinavo si registrano 115 mila cattolici anche se, per ammissione dello stesso vescovo, le statistiche non sono così precise.

 

I cattolici, per anni, dopo la Riforma sono stati banditi dal Paese, perché la chiesa luterana era diventata chiesa di Stato e solo nel 1953 è stato possibile aprire la prima diocesi cattolica. Solo nel 2000 è avvenuta la separazione tra potere politico e spirituale, prima il re era capo di Stato e capo della Chiesa. Incontriamo Anders Arborelius a margine di una conferenza stampa congiunta con l’arcivescovo a capo della chiesa luterana, Antje Jackelen, 61 anni, sposata, con due figlie. Il vescovo cattolico colpisce per l’informalità, la disponibilità e l’assenza di formalismi.

 

Quali azioni comuni tra Chiesa cattolica e Chiesa luterana svedese per aiutare poveri e rifugiati?

In tante parrocchie e città cerchiamo di collaborare con la Chiesa luterana per aiutare i migranti che arrivano in Svezia. Le parrocchie protestanti hanno molte più risorse, ma noi possiamo offrire tanti cattolici che parlano le lingue dei rifugiati. Abbiamo accolto per la notte tanti di loro e offerto corsi di studio per imparare la lingua svedese.

 

La Chiesa cattolica ha tra i suoi membri tanti migranti. Che contributo apportano?

È un grande arricchimento per tutta la Chiesa. Le persone che vengono da Siria, Iraq, Eritrea, portano la loro cultura, le tradizioni, i loro riti orientali e soprattutto la loro fede forte, che è di esempio per tutti noi. Sono stato in Iraq e tanti cristiani mi chiedevano perché ci siamo dimenticati di loro. Noi ci sentiamo al sicuro nei nostri ricchi Paesi europei, ma se ci concentriamo su azioni comuni tra le Chiese offriremo una vera testimonianza, valida anche per tutte queste persone che soffrono.

 

La Svezia è definita una società post cristiana, in che senso?

La maggioranza degli svedesi non frequentano le chiese e non hanno una fede esplicita, ma assistiamo ad un nuovo interesse per la religione, per la preghiera e per la mistica. Penso che la secolarizzazione abbia raggiunto il suo culmine. Adesso c’è una nuova attenzione alla fede.

 

Cosa vuol dire per i cattolici essere una piccola minoranza?

Siamo pochi, ma c’è un grande spirito di famiglia. Non è sempre facile essere una minoranza, ma c’è grande unità tra di noi. Inoltre molte tracce del cristianesimo cattolico si trovano anche nella chiesa luterana svedese. Noi per anni siamo stati banditi, ma ora sperimentiamo l’unità con la Chiesa luterana. Circa 100 chiese luterane in Svezia sono usate dai cattolici e ci concentriamo nel vedere ciò che ci unisce. Vediamo le differenze che ci fanno soffrire, ma esiste una profonda amicizia spirituale e una collaborazione con la Chiesa luterana.

 

Uno dei fattori di divisione con la Chiesa luterana è l’Eucaristia…

Una delle questioni principale è il ministero e chi può celebrare la Messa. Ci sono, poi, sfumature sulla presenza del Signore nell’Eucaristia: per noi è una presenza che rimane, anche nel tabernacolo. Per i protestanti la presenza è solo durante la Messa.

 

Cosa significa per lei la visita del papa in Svezia?

È un passo molto importante e un evento storico nel cammino ecumenico. Dio ci ha portato fino a questo punto. Non è un giubileo, né un cedimento verso Lutero, ma il segno che ci lasciamo i conflitti dietro le spalle. È un riconoscimento per tutti i cristiani di Svezia.

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