In scena
Trittico su Ödön Von Horváth, a Parma
Un grande trittico prodotto dallo Stabile di Parma e dedicato all'autore di lingua tedesca ma ungherese d'origine, austriaco d'adozione, morto in Francia, apolide per vocazione e di fatto, voce autorevole dell'Europa anti-nazista degli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Col titolo “Gioventù senza Dio”, è composto da tre sue opere, due teatrali e una letteraria. Horváth ha saputo leggere con acuta profondità, senza perdere leggerezza, la tragica ascesa politica del nazismo e la devastante discesa morale del popolo tedesco. I suoi testi raccontano di una decadenza molto vicina alla nostra, con dinamiche sociali, politiche ed economiche che un tempo furono alla base dei totalitarismi e che oggi si riproducono in forme nuove ma altrettanto spaventose. Di questo testimone il regista Le Moli disegna il panorama degradato di una società in cui i giovani, privati di aspirazioni, senza guide morali, divengono preda di dettami populisti e dittatoriali. “Gioventù senza Dio”, diretto da Walter Le Moli, articolato in "Fiabe del bosco viennese" (dal 9 al 14/1), "Gioventù senza Dio" (dall’11/1 al 28/2), "Fede, Speranza, Carità" (dal 14/2 al 2/3), Teatro Stabile di Parma.
Molto rumore per nulla in versione gitana
Una versione “gipsy” del celebre capolavoro shakespeariano. Il luogo è la strada, la gente che recita è gente che vive la strada. Nomadi con le loro gerarchie, con le loro famiglie che si accampano in campi vicino alla città e la sera si raccontano storie: cantano e ballano tramandando vicende di morte e d’amore. All’aperto, sotto gli astri notturni e brillanti, le nenie gitane si frammischieranno alle vicende di Benedetto e Beatrice, di Claudio ed Ero. Un gioco di teatro per raccontare il teatro fatto di passione e favola. “Molto rumore per nulla", di William Shakespeare, traduzione e adattamento di Giancarlo Sepe, con Pino Tufillaro, Daniele Monterosi, Lucia Bianchi, Mauro Bernardi, Daniele Pilli, Valentina Gristina, Claudia Tosoni, Camillo Ventola, Fabio Angeloni Leandro Amato. Roma, Teatro Eliseo dall’8 al 26/1.
La brocca rotta di Heinrich von Kleist
Il fascino del testo – una delle più belle commedie della letteratura teatrale tedesca – è tutto nella miracolosa capacità dell’autore di farci divertire parlando di cose serie, come sono le vicende di un funzionario pubblico corrotto e depravato, bugiardo e pusillanime fino alla patologia. Si riesce a ridere e allo stesso tempo a riflettere sulla domanda fondamentale che si pone l’autore: la giustizia è uguale per tutti?. Il nucleo della commediaè il personaggio di Adamo, con le sue infinite risorse di mentitore e con quella fuga finale per i campi innevati, sotto gli occhi di tutti, con la parrucca, antiquato simbolo di un’autorità abusiva e coperta di vergogna, che gli sbatte sulla schiena. “La brocca rotta”, traduzione di Cesare Lievi, regia Marco Bernardi, con Paolo Bonacelli, Patrizia Milani e Carlo Simoni. Produzione Teatro Stabile di Bolzano. A Trento, Centro S. C. Santa Chiara dal 9 al 12/1; Roma, Teatro Quirino, dal 14 al 26/1; Brescia, dal 29/1 al 2/2.
Nemmeno un insetto, da Dostoevskij
Una rielaborazione di un classico della letteratura russa, testo chiave del pensiero dostoevskiano, in cui si analizzano minuziosamente le diverse facce dell’animo umano. Il testo è il racconto di un uomo in fuga da sé stesso e da una società troppo materiale e superficiale che lo opprime. Come “l’uomo del sottosuolo” di Dostoevskij vive un profondo senso d’inadeguatezza, insieme al desiderio inespresso di affermare la propria esistenza. Un racconto che, grazie ad una messa in scena essenziale e d’impatto, restituisce le diverse sfumature di un uomo controverso, cosciente dei propri errori ma incapace di divenire “nemmeno un insetto”, oppresso dall’inerzia e schiacciato da un mondo insensibile nel quale non si riconosce. “Nemmeno un insetto”, regia Carlo Cianfarani, con Antonio D’Onofrio e Lorena L. Scintu. Roma, Teatro Studio Uno, dal 7 al 12/1.
Finale d’amore di Pascal Rambert
In una grande stanza bianca, una donna e un uomo si parlano attraverso due lunghi monologhi – che non si faranno mai dialogo – interrogandosi sulle ragioni della fine della loro storia d’amore. Il flusso ininterrotto di parole, le domande – risposte che si scatenano e la respirazione bloccata creano una sorta di maratona tra paura e liberazione: ecco, è lì, nel mezzo del momento doloroso, che l’autore ci porta, senza temere di disturbare, di creare dubbio, di immergerci nei meandri di una storia che porta inesorabilmente alla rottura. “Clôture de l’amour (Finale d’amore)” di Pascal Rambert,con Luca Lazzareschi e Tamara Balducci. Rimini,Teatro degli Atti, 10 e 11/1; Genova, Teatro Duse, dal 15 al 19/1; Milano, Piccolo Teatro Studio Melato, dal 6 al 18/5.