In scena
I Giusti di Camus
il testo racconta gli attentati terroristici dei rivoluzionari socialisti russi che provocarono, tra il 1901 e il 1906, oltre duecento morti. Protagonista è una “cellula terroristica”, quattro giovani uomini e una donna, che si trova ad affrontate un caso di coscienza tra i più angosciosi: è possibile dare una giustificazione morale alla violenza e al terrorismo rivoluzionario? Il fine giustifica i mezzi? Un dramma di concretezza e potenza evocativa, una situazione universale, il racconto del passato per riflettere sul presente, su ciò che accade dentro e fuori di noi quando si sceglie la violenza per sovvertire l’ordine delle cose.
“I giusti”, di Albert Camus, traduzione Giulia Serafini, regia di Emanuele Conte, con Luca Mammoli, Gianmaria Martini, Sarah Pesca, Graziano Sirressi e Alessio Zirulia, scene Luigi Ferrando, costumi Danièle Sulewic, luci Matteo Selis. Produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse. A Genova, Teatro della Tosse, dal 22/2 al 4/3.
Viaggio in un carcere marines
Nel 1963 Kenneth Brown un ex marine che era stato trenta giorni nella prigione militare di Okinawa in Giappone, compone un testo teatrale in cui descrive la giornata tipo nel carcere marines. Il testo è scarno, crudo, violento, privo di una vera trama, ma estremamente dettagliato nella descrizione della rigidità della struttura militare e della brutalità fisica e psicologica che vige all’interno del carcere. Ispirazione di celeberrime scene in film quali “Full Metal Jacket”, oltre che leggendaria messa in scena del Living Theatre, “The Brig” è un viaggio nella coercizione e un’incursione nei sistemi di sopraffazione e annichilimento dell’individuo, non soltanto nelle strutture militari. La Fondazione Teatro Due ha affidato questo materiale a Raffaele Esposito, alla sua prima messa in scena, che guida una compagnia di dodici attori. Il testo ci riguarda ancora, nel nostro presente. Come metafora, come riflessione sul meccanismo di autocoercizione in base al quale ci si adatta all’implacabile macchina del vivere quotidiano in cui ciascuno perde la sua identità, la sua voce. Il testo ci dice che quella prigione non è altrove, ma siamo noi.
“La prigione”, dal testo originale “The Brig” di Kenneth H. Brown, regia Raffaele Esposito, con Luca Cicolella, Lucio De Francesco, Luca Filippi, Lorenzo Frediani, Gabriele Gattini Bernabò, Michele Lisi, Dino Lopardo, Alessandro Maione, Nicola Nicchi, Massimo Nicolini, Gian Marco Pellecchia, Gabriele Pestilli. Produzione Fondazione Teatro Due. A Parma, Teatro Due, dal 23/2 al 12/3.
Prove di regia su Heiner Müller
Il regista Giorgio Barberio Corsetti guida tre allievi del secondo anno del Corso di regia dell’Accademia Nazionale Silvio d’Amico, Tommaso Capodanno, Paolo Costantini, Marco Fasciana, intorno alla scrittura di Heiner Müller. Quella del drammaturgo tedesco del secolo scorso è costantemente in bilico nel fulcro della crisi di un’epoca; racconta la modernità, la desolazione, plasmando la materia mitica e tragica e restituendola in figure dell’esilio del nostro tempo. Müller osserva il mito di Giasone e Medea e le tragedie shakespeariane di Tito Andronico e di Amleto attraverso le rovine della storia e della nostra contemporaneità mostrandoci dei paesaggi nei quali degli eroi è rimasta solo una ’traccia’, un’orma sulla riva di fiumi e mari devastati e contaminati. I giovani registi si interrogano sul tempo e sull’arte con lo sguardo inverso dell’Angelo della Storia di Müller, che da un futuro tragico viaggia verso di noi guardando il passato dietro le nostre spalle.
“Heiner Müller tre paesaggi”, studi ideati e diretti da Giorgio Barberio Corsetti. A Roma, Villa Piccolomini, Via Aurelia Antica n. 164, dal 23 al 26/2.
“Il ring dell’inferno”, una storia vera
È liberamente ispirata alla storia di Hertzko Haft, ebreo polacco, sopravvissuto ai campi di sterminio per aver combattuto come pugile negli incontri-spettacolo organizzati dalle SS per il loro solo divertimento, “Il ring dell’inferno” la nuova produzione del Teatro del Simposio. Si ripercorrono le tappe di quel percorso di sofferenza, le speranze che tennero in vita l’uomo, su tutte un amore mai dimenticato. Partendo da una drammaturgia originale, ispirata anche alle suggestioni del fumetto di Kleist, l’intento è quello di invitare a riflettere sul mondo e sull’uomo che lo vive, lo sperimenta e lo agisce attraverso la sua storia. Lo spettacolo, dalla struttura cinematografica fatta da inquadrature, utilizza il teatro di narrazione e il teatro d’immagine contaminati, come caratteristica della Compagnia, con altri linguaggi: performance, installazioni, elaborazioni sonore e video, scenografie digitali, olfattivo (il profumo di questo spettacolo è quello di cuoio e tabacco).
“Il ring dell’inferno”, drammaturgia Antonello Antinolfi e Giulia Pes, regia Francesco Leschiera, con Ettore Distasio, Giulia Pes, Ermanno Rovella, scene e costumi Francesco Leschiera e Paola Ghiano, luci Luca Lombardi, elaborazioni sonore Antonello Antinolfi. A Milano, Teatro Libero, dal 27/2 al 5/3.
Il cant’attore Cristicchi e il “Cristo dell’Amiata”
Nel nuovo spettacolo ispirato alla vicenda incredibile, ma realmente accaduta, di David Lazzaretti, detto il “Cristo dell’Amiata”, si racconta la grande avventura di un mistico, l’utopia di un visionario di fine ottocento, capace di unire fede e comunità, religione e giustizia sociale. Tra canzoni inedite e recitazione, il narratore protagonista ricostruisce la parabola di Lazzaretti, da barrocciaio a profeta, personaggio discusso, citato e studiato da Gramsci, Tolstoj, Pascoli, Lombroso e Padre Balducci; il suo sogno rivoluzionario per i tempi, culminato nella realizzazione della “Società delle Famiglie Cristiane”: una società più giusta, fondata sull’istruzione, la solidarietà e l’uguaglianza, in un proto-socialismo ispirato alle primitive comunità cristiane.
“Il secondo figlio di Dio, Vita, morte e miracoli di David Lazzaretti”, scritto da Manfredi Rutelli e Simone Cristicchi, con Simone Cristicchi, regia Antonio Calenda, musiche originali Simone Cristicchi e Valter Sivilotti, voci registrate del Coro Ensemble Magnificat di Caravaggio, disegno luci Cesare Agoni, scene e costumi Domenico Franchi, produzione CTB Centro Teatrale Bresciano/ Promo Music. A Roma, teatro Vittoria, dal 16 al 26/2.
Giulietta e Romeo di Fabrizio Monteverde
Celebre titolo di Balletto di Roma, torna in un riallestimento pensato dallo stesso coreografo Fabrizio Monteverde: una creazione che segue fedelmente il testo di Shakespeare e la partitura di Prokovief, e che riesce comunque ad essere meravigliosamente “asciutta”. La vicenda si sposta da Verona a un paese italiano mediterraneo – che incarna anche un qualsiasi sud – tra tradizioni, leggi furibonde e inesorabili, sentimenti di odio e di amore, divisi tra bellezza e ferocia, e ambientata nel secondo dopoguerra del Novecento, con tutte le sue tensioni tra tradizionalismo e spinta a ricostruire e rinnovare. E la voglia di rinascere è il tratto fondamentale del carattere del personaggio principale del balletto, già sottolineato nel titolo “ribaltato”: Giulietta è qui una giovane donna che dimostra una vocazione alla ribellione, che scoprirà amaramente inutile; Romeo, invece, timido e introverso, ma curioso dell’amore e travolto dalla vitalità dell’innamorata. Bologna, Teatro il Celebrazioni: 25 febbrai; Montalto di Castro, Teatro Lea Padovani: 11/3; Milano, Teatro Carcano: dal 23 al 26/3, Assisi, Teatro Lyrick: 31/3; Firenze, Teatro Verdi: 1/4; Roma, Teatro Quirino: dal 2 al 7/5.
Il Nederlands Dans Theater 2 a Reggio Emilia
Quattro coreografie, di cui tre in prima italiana, nella serata di grande danza internazionale al Teatro Valli di Reggio Emilia, il 22/2. Il NDT2, Nederlands Dans Theater, una delle Compagnie più accattivanti della scena, per la qualità superlativa dei suoi giovani interpreti, propone un programma particolarmente eclettico; accanto a “Some Other Time”, straordinario esercizio nell’emozionale linguaggio danzato dei due coreografi Sol Léon e Paul Lightfoot con una vasta gamma di assoli e di pas de deux ; “Solo” di Hans van Manen, per 3 danzatori che rappresentano un solo uomo che riflette sul suo posto nel mondo, sulla partitura per violino di Bach; “Feelings” del duo Eyal/Behar, in cui la fisicità assume forme ipnotiche e rituali; e infine “Out of Breath” di Johan Inger, sulla musica vivace composta da Jacob ter Veldhuis e dal violinista Lajko Fe.