In scena

La ricca offerta del cartellone degli spettacoli ad inizio di febbraio

La Terza Sinfonia di Mahler in balletto

Direttore e coreografo principale dell’Hamburg Ballet, John Neumeier torna a Firenze esattamente 40 anni dopo la partecipazione al 40° Festival del Maggio Musicale Fiorentino nell’edizione del 1977, con la coreografia della monumentale Terza Sinfonia, balletto che fa parte del repertorio della compagnia tedesca sin dal momento della prima mondiale del 14 giugno 1975 e da allora rappresentata in tutto il mondo. Con essa,  Neumeier  ha infatti  firmato una delle più sue fortunate e celebri creazioni;  un’opera ispirata e universale che grazie alla musica della partitura mahleriana può svilupparsi in una drammaturgia libera marcando così un solco dalle coreografie convenzionali basate su storie esistenti. “Non si può spiegare a parole la trama della Terza Sinfonia,  e neppure si può cercare di comprenderla razionalmente” dice Neumeier: “il tema del mio balletto è la musica stessa; ho semplicemente tradotto in movimento, in pura danza le sensazioni, le immagini che mi hanno suggestionato ascoltando la Terza Sinfonia”.

“Terza Sinfonia di Gustav Mahler”, coreografia John Neumeier, Hamburg Ballet. All’Opera di Firenze/Maggio Musicale Fiorentino, il 10, 11, 12/2.

La Casa di bambola di Filippo Timi

A quasi 140 anni dalla sua stesura,  Antesignana testimonianza di lotta femminista o, al contrario, come sostiene Roberto Alonge, matrimonio sbilanciato in cui il marito Torvald è padre-dominatore e Nora moglie-bambina, il testo di Ibsen continua a essere tra i più rappresentati e al tempo stesso uno dei misteri più enigmatici della drammaturgia mondiale. Nora è dunque vittima o carnefice manipolatrice? Nella versione diretta e adattata da Andrée Ruth Shammah le profonde ambiguità del testo ibseniano sono accarezzate e coltivate, indagate nelle loro pieghe più sottili e invisibili. E questa ricerca anche testuale sul dramma borghese per eccellenza produce un intreccio avvincente come un thriller, avvalendosi di un grande cast con Filippo Timi mattatore debordante ma anche altamente introspettivo nei molteplici panni del marito, del dottore e dell’usuraio e Marina Rocco che è una Nora dalla fragilità incantata, ma al contempo scaltra e contemporanea.

“Casa di bambola”, di Henrik Ibsen, traduzione, adattamento, regia Andrée Ruth Shammah, con Filippo Timi, Marina Rocco, Mariella Valentini, Andrea Soffiantini, Marco De Bella, Angelica Gavinelli, Paola Senatore; spazio scenico Gian Maurizio Fercioni, elementi scenici Barbara Petrecca, costumi Fabio Zambernardi, luci Gigi Saccomandi, musiche Michele Tadini. Produzione Teatro Franco Parenti Fondazione Teatro della Toscana. A Roma, Teatro Argentina, dal 7 al 19/2.

Il Giulio Cesare viscerale e contemporaneo di Rigola

Vivere appesi ad un filo, in uno stato di precarietà, di contraddizione continua, di violenza pervasiva e latente: da questa condizione umana prende avvio la strada che il regista spagnolo Alex Rigola ha scelto di percorrere per guidare il lavoro dei 12 attori in scena per il più celebre dramma storico shakespeariano. Un testo epico che ruota intorno all’esercizio del potere, in questa versione impersonato da una donna, Maria Grazia Mandruzzato, nel ruolo di Cesare, e che trova in Michele Riondino, apprezzato attore di cinema, teatro e televisione, l’interprete ideale per il ruolo del nobile Marco Antonio. Come si può gestire la violenza che divide gli uomini? Come si fa a chiedere a qualcuno, anche se solo per finzione, di uccidere un proprio simile? Quali sono i presupposti da cui partire per organizzare una rivoluzione? Queste le domande di Rigola alla sua prima regia italiana con la quale torna all’opera che lo fece scoprire a livello internazionale.

“Giulio Cesare”, di William Shakespeare, traduzione Sergio Perosa, adattamento e regia Àlex Rigola, con Michele Riondino e con Maria Grazia Mandruzzato, Stefano Scandaletti, Michele Maccagno, Silvia Costa, Margherita Mannino, Eleonora Panizzo, Pietro Quadrino, Riccardo Gamba,  Raquel Gualtero, Beatrice Fedi, Andrea Fagarazzi; spazio scenico Max Glaenzel, spazio sonoro Nao Albet, illuminazione Carlos Marquerie, costumi Silvia Delagneau. Produzione Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale. A Napoli, Teatro Mercadante, dall’8 al 19/2. In tournèe.

Gli italiani “Cìncali”

Cioè: zingari! Così credevano di essere chiamati gli italiani emigrati in Svizzera; pare, invece, che fosse una storpiatura di cinq, “cinque” nel linguaggio degli emigranti padani che giocavano a morra. Lo spettacolo è un progetto teatrale sull’emigrazione italiana del secondo dopoguerra, che Perrotta ha realizzato dopo aver raccolto numerose testimonianze in giro per il Sud Italia: «Un anno di memorie rispolverate a fatica. Ho preso la macchina e ho girato senza un luogo preciso dove andare, eppure il Sud è tutto uguale, non hai bisogno di sapere dove qualcuno ha preso le valigie ed è partito: basta entrare in un bar della provincia e chiedere. La risposta è sempre la stessa: “Qui tutti siamo emigrati”. “Me lo racconta?” Si fanno pregare un attimo soltanto, poi partono con la loro storia, infinita, che reclama ascolto. Anche il Sud è infinito. Me lo insegna la mia macchina che mi porta di paese in paese, sempre per caso, e s’inerpica tra i paesi montani del Nord-Est produttivo ed è ancora Sud. Sì! Per i Belgi, gli Svizzeri, i Tedeschi che chiedevano braccia dopo la seconda guerra mondiale, Sud era la Puglia, la Sicilia, la Calabria e Sud era il Veneto, il Friuli: “Siamo emigrati tutti qui”, quattro parole, sempre le stesse».

“Italiani cìncali!”, di Nicola Bonazzi e Mario Perrotta, interpretato e diretto da Mario Perrotta. Produzione Teatro dell’Argine. A Palermo, Teatro Biondo, dall’8 al 12/2.

Spettacolo concerto per Céline

Il testo di Louis-Ferdinand Céline rivive nelle atmosfere cinematiche dell’eclettico musicista e compositore Teho Teardo e nelle immagini evocate dalla prodezze e sperimentazioni con cui impiega la sua voce l’attore Elio Germano. Suoni e voci per un percorso raffinatissimo che si inabissa fra le pagine di uno dei racconti più discussi e decisivi del Novecento, ora riproposto dal duo in una nuova versione. “Viaggio al termine della notte”, con Elio Germano e Teho Teardo. A Udine, Teatro Palamostre, l’11/2.

Caino e Abele in breakdance

Questa storia antica – scrivono Manuela Capece e Davide Doro – la raccontiamo priva dei suoi aspetti religiosi, prendendo dalla Bibbia e dal Corano i passaggi fondamentali di un intreccio topico, per arrivare ad una narrazione simbolica e contemporanea. Ci permette di parlare di questo nostro mondo oggi che non vuole perdere mai. La sconfitta non è ammessa, la paura nemmeno. E lo devi imparare subito, fin da piccolo. La violenza di oggi è quella di quel tempo lontano. Il perdente è escluso. La risposta deve essere sempre violenta. Perché? Non ci sono altre possibilità? Altre soluzioni? Questa storia ci serve per fare domande – continuano –  tante domande ai bambini, perché sappiamo che loro possono darci risposte nuove e sorprendenti. Ne siamo sicuri. Ci serve per parlare di amore fraterno, di quanto si può imparare da una sconfitta, di nuove possibilità da trovare, di crescita, di cosa vuol dire vivere insieme, essere insieme. E forse un po’ anche di pace. Lo spettacolo è raccontato col linguaggio della break dance, in cui Caino e Abele sono due giovani breakers, ed è rivolto al pubblico giovane (dagli 8 anni) e adulto.

“Caino e Abele”, di Manuela Capece e Davide Doro, con Emanuele Segre e Manuel Dinardo, una produzione compagnia RODISIO/TAK Theater Liechtenstein in collaborazione con Resistere e Creare (Genova)/Fuori Luogo Auditorium Dialma Ruggiero (La Spezia). A Casalecchio di Reno (Bo), Teatro Laura Betti,  l’8 e 9, ore 10.

 

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