In scena
Hamlet in Jerusalem
Gerusalemme è un paradigma. Tutto lì è già accaduto o sta accadendo. Si parte dall’Amleto di Shakespeare per parlare della vita, soprattutto quella che si vive nei territori palestinesi occupati. Lo spettacolo è un progetto di Gabriele Vacis e Marco Paolini che ha radici molto lontane, nel 2008 a Gerusalemme, al Palestinian National Theatre di Gerusalemme Est: una scuola di recitazione per ragazzi palestinesi, la cui voglia di lavorare in teatro è più forte delle difficoltà di attraversare ogni giorno check point e pregiudizi sociali. L’anno successivo il laboratorio prosegue in Italia, dove i ragazzi lavorano anche con altri registi e autori. Nucleo fondamentale della didattica che Vacis mette in opera è la Schiera, un processo che unisce movimento e attenzione, che da tempo è alla base dei lavori del regista: «è l’esercizio – spiega Vacis – che sto elaborando da molti anni. Insegna a vedere quello che si guarda e ad ascoltare quello che si sente. Saper vedere, sapere ascoltare, è necessario per un attore che voglia essere autore della propria presenza in scena». E la chiave per poter ascoltare e realizzare un percorso teatrale è partire dall’Amleto di Shakespeare, dalla consapevolezza che in esso si scorgono tutte le sfaccettature della vita, complicate dalle esperienze di chi vive in Palestina: i riti di passaggio, il rapporto uomo/donna, il conflitto con la famiglia, le generazioni a confronto, la rabbia, la pazzia, l’amore.
“Hamlet in Jerusalem”, Palestinian Kids Want To See The Sea, di Gabriele Vacis e Marco Paolini, con Marco Paolini e Alaa Abu Gharbieh, Ivan Azazian, Mohammad Basha, Giuseppe Fabris, Nidal Jouba, Anwar Odeh, Bahaa Sous, Matteo Volpengo, regia Gabriele Vacis, scenofonia, luminismi, stile Roberto Tarasco. Produzione Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale. A Torino, Fonderie Limone Moncalieri, dal 29/3 al 10/4.
Storia di un corpo, di Daniel Pennac
In scena la lettura-teatrale dal romanzo “Journal d’un corps” (Storia di un corpo), il diario che un uomo tiene degli stati successivi del suo corpo dai 12 agli 87 anni. Aprima vista è il più intimo dei diari, ma non appena ci addentriamo, scopriamo che questo “giardino” tanto segreto è il più comune dei nostri territori. Così, sul palcoscenico prende forma il diario delle sorprese che il corpo, nell’arco di una vita intera, fa alla mente. La lettura ad alta voce sgorga naturale, come passaggio dal singolare al plurale, dal corpo unico del lettore al corpo comune del pubblico, per testimoniare la realtà di questa macchina fisica di cui ognuno di noi si compone durante tutta la propria esistenza.
“Journal d’un corps”, di e con Daniel Pennac, adattamento teatrale Clara Bauer e Daniel Pennac, regia Clara Bauer. Produzione C.I.C.T. / Théâtre des Bouffes du Nord. A Roma, Teatro Argentina , dal 23 al 25/3.
Teresa la ladra di Dacia Maraini
Un bestseller di Dacia Maraini adattato dalla stessa autrice per il teatro. 50 anni di storia italiana dagli anni 20 agli anni 70 raccontati attraverso le vicende amare e buffe di una donna fuori dal comune,Teresa, che vive l’altra Italia, quella dei poveri e dei diseredati, di quelli per cui le guerre e il progresso, così come il boom economico, sono sempre motivo di guai. Teresa è dalla parte di quelli che subiscono, si arrangiano, quelle anime semplici, libere e inquiete, incapaci di trovare collocazione all’interno della società. La macchina scenica è una scatola nera dalla quale a sorpresa si materializzano oggetti animati e trabocchetti, i costumi, i travestimenti della “ladra”. Il ritmo incalzante dello spettacolo accompagna il viaggio frenetico di Teresa alla ricerca affannosa di una realizzazione personale che non sarà mai raggiunta.
“Teresa la ladra”, di Dacia Maraini, musiche e canzoni originali di Sergio Cammariere e Dacia Maraini, con Mariangela D'Abbraccio, regia di Francesco Tavassi. Produzione La Camille srl e Teatro dei due Mari. A Roma, teatro Vittoria, dal 29/3 al 3/4.
La parola padre
“Scusa papà… scusa… Volevo solo sapere quanto tempo mi rimane…Quanto tempo mi rimane da vivere… e come”. Sei giovani attrici selezionate durante un giro di seminari nell’Europa centro orientale. Si incontrano in uno dei tanti crocevia del presente. Quei non luoghi che frequentiamo senza vedere. Tre sono italiane, una è polacca, una è bulgara, una è macedone. Tutte parlano più o meno inglese. Quali sentimenti coltivano sei ragazze di nazionalità diverse, che si parlano attraverso una lingua comune superficiale? Hanno memorie comuni? Che storie possono raccontarsi e raccontare? E, soprattutto, hanno una storia comune da raccontare? Immagini, danze, musiche e parole che frullano identità impossibili, mobili, fluide. Scintille di senso imprevedibili. Tutte hanno conti in sospeso con la loro patria, tutte hanno conti in sospeso con i loro padri. Reduce da una lunga tournée in Italia, Croazia, Romania e Albania, fa tappa a Roma lo spettacolo di Gabriele Vacis, Premio Best Actress Apollon 2012 (non protagonista) all’XI International Theatre Festival Apollon di Fier in Albania e Premio Adelaide Ristori (Mittelfest 2014) migliore attrice a tutte le interpreti. “La parola padre”. “БAЩA ОЈСІЕС ТAТКО”, drammaturgia e regia Gabriele Vacis. A Roma, Piccolo Eliseo, dal 30/3 al 10/4.