In piazza contro il gender e per la famiglia
Si capisce che la piazza è piena perché le strade di accesso a più di un chilometro da piazza San Giovanni sono chiuse. Via dell’Amba Aradam è intasata dal traffico e all’altezza di Porta Metronia la strada è bloccata dalla fascia gialla della polizia. Il sole è caldo e molti si riparano con un ombrello. «Siamo un milione – dice Massimo Gandolfini, portavoce del comitato Difendiamo i nostri figli che ha organizzato la manifestazione –. Con questo evento – spiega – chiediamo che si tuteli e si rispetti la famiglia fondata sul matrimonio e si ribadisca il ruolo centrale dei genitori. Rigettiamo con forza il tentativo di infiltrare nelle scuole progetti educativi che mirano alla destrutturazione dell'identità sessuale dei bambini. Sono teorie senza basi scientifiche».
Nella piazza stracolma un bel popolo fatto di famiglie, sventolano molte bandiere azzurre e rosa dei Le Manif Pour Tous, molti neocatecumenali provenienti da tutta Italia, parrocchie, il movimento mariano Regina dell’Amore. A terra un bimbo dorme in un telo azzurro, una nonna transita con una neonata avvolta in un lenzuolo verde. Gli oggetti tipici delle famiglie: pannolini, seggiolini, ciucci, salviette umidificate compongono un mosaico di colori variopinti. Due bambini pensano bene di prendersi a calci. Sul palco campeggia la scritta: “Allarme gender: difendiamo i nostri bambini”.
È il turno di un’emozionata Costanza Miriano. Ribadisce come «uomini e donne fanno cose diverse che nessuna legge può annullare» e che è «una questione di realtà più che di fede» perché «dalle nostre differenze educhiamo i nostri figli e apriamo le porte della realtà». «La manifestazione – dice nel suo intervento l’avvocato Simone Pillon – è contro le ideologie, non contro le persone. Decostruire il maschile e il femminile secondo la teoria del gender viene fatto a costo della persona e non a suo favore. La nostra è un’antica e nuova antropologia scritta nell’uomo perché il corpo e l’anima dell’uomo sono fatti per amare».
Si susseguono testimonianze e interventi caratterizzati dall’essere “contro il gender” che ha fatto da collante anche per la convocazione in piazza di gente che si è pagata da sola il faticoso viaggio da tutte le regioni italiane. Andrea e Sonia sono di Roma e non appartengono a nessuna associazione cattolica. «Siamo venuti – spiegano – perché abbiamo letto il programma gender per le scuole e siamo contrari. Per i nostri figli vogliamo una famiglia con un papà e una mamma, non due papà o due mamme. Non è una indole naturale ma è una moda». Un signore di mezza età aggiunge che è in piazza «per difendere la famiglia tradizionale». Un giovane di Conegliano, nel Veneto, dice che è venuto «perché ha paura dell’ideologia gender».
Un autentico capopopolo è Mario Adinolfi. Si scaglia con veemenza contro l’articolo 5 del testo base del decreto Cirinnà che prevede l’adozione per una coppia dello stesso sesso del figlio di uno dei due partner. «Apre le porte e legittima l’utero in affitto». La folla applaude convinta. Sono idee giuste e del tutto condivisibili, ma il tono è del muro contro muro, di voler fare una manifestazione per difendere “le mura della città”. «Bisogna andare contro», dice Kiko Arguello nel suo lungo intervento fermato solo dalla pioggia. Ora abbondante. La gente comincia a defluire. Il servizio andato in onda a conclusione dell’edizione delle 19 del Tg3 è, però, veramente ideologico e a tesi. Non riferisce dei contenuti degli interventi, solo inquadrature dal basso per non mostrare la grande partecipazione popolare, non è fornito il numero esatto dei partecipanti ma si resta su un generico centinaia di migliaia di persone. Sono temi sensibili, il dialogo tra diverse culture è difficile se non impossibile.