In nome di mia figlia
Padri e figli
La tematica della paternità continua ad interessare il cinema, e non solo come commedia scanzonata come nel recente Miami Beach di Vanzina. Ci sono invece prodotti di qualità. È il caso di In nome di mia figlia, generosa interpretazione di Daniel Auteuil nei panni di André Bamberski che perde la figlia quattordicenne Kalinka mentre è in viaggio in Germania. Circostanze tutt’altro che chiare che spingono l’uomo, per trent’anni, ad indagare questa morte misteriosa, andando contro tutti: l’ex moglie, il suo nuovo compagno ‒ un medico, accusato di molestie sessuali, che egli sospetta di aver ucciso la figlia – le autorità giudiziarie franco-tedesche tacitamente in accordo per far tacere il caso. Una testardaggine che viene soltanto dall’amore. Solo contro tutti, l’uomo – il caso è tratto da una storia reale i cui protagonisti sono ancora vivi – lotta con tenacia. La regia di Vincent Garenq è precisa, non conosce momenti morti, anzi il ritmo da thriller acutizza ogni scena rendendola ricca di suspence sino alla fine. Mirabile la recitazione degli attori, Auteuil in particolare, il cui viso e il cui corpo parlano da soli. In una vicenda dove l’amore paterno si rivela per quello che è: forte, determinato, capace di soffrire l’incomprensione. Molto scavato il confronto tra padre e madre nei rispettivi ruoli: lei indecisa, che rifiuta l’accanimento investigativo e solo alla fine pare arrendersi alla verità, lui che soffre e lotta. Da non perdere.
Il mondo della magia
Now You see me 2, di Jon M.Chu con Daniel Radcliffe – l’ex Harry Potter -, Mark Ruffalo ‒ sempre più bravo ‒, Morgan Freeman – basta un’occhiata per dire tutto ‒, Lizzy Caplan ‒ diavolessa simpatica – e Dave Franco, ritmico. Ecco il cast di un film divertente, libero e liberante. I Quattro Cavalieri della magia ritornano nella nuova avventura dedicata all’illusione. Trucchi a volontà in un racconto adrenalinico, rapidissimo, folle, pieno di gag e di sorprese. Azione, leggerezza, brio e i quattro simpatici con i loro amici e nemici ‒ c’è addirittura Michael Caine – viaggiano per il mondo ingannando tutti, ma con grazia, precipitando in avventure misteriose da cui riescono trionfanti. Ma non senza suspence e un tocco di sorpresa conclusiva. Sceneggiato con gusto, forse un po’ lunghetto, ma simpaticissimo, e per tutti. Con un messaggio in codice? Il gioco delle carte è illusione o è metafora della vita?
The Neon Demon
Appena presentato a Cannes come film trasgressivo e scioccante, la storia narra della sedicenne Jesse (Jena Malone), giunta dalla Georgia a Los Angeles per tentare la carriera di modella. Bella e semplice, ma pure determinata e in qualche modo cinica, ci riesce, scatenando la gelosia di un trio femminile vendicativo e morboso. Non raccontiamo il finale. Fotografia algida, ambenti glamour danno al film diretto da Nicolas Winding Refn un tono glaciale che si rispecchia nel narcisismo delle aspiranti dive, nell’eleganza sofisticata, nell’ambizione sfrenata di arrivare al successo facendo i conti con una giovinezza che a 21 anni è già considerata sorpassata.
Miscelando sguardo compiaciuto su un ambiente disumanizzante e quasi robotico, dove i sentimenti – la simpatia di un giovane per Jesse ‒ vengono alla fine ignorati, il film unisce tranquillamente – si fa per dire ‒ necrofilia, cannibalismo ed altro, in un autentico spettacolo che non si sa se susciti più disgusto che non addirittura involontaria comicità, tanto è eccessivo. Meno male che a Cannes non è andato bene. Dimenticavo: c’è anche una particina per il redivivo Keanu Reeves, inespressivo.
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