In montagna il clima è buono

Secondo il rapporto Ismu sull'integrazione degli immigrati, Trento è la provincia in cui sono stati ottenuti i risultati migliori. Voci dalla città e non solo ci spiegano come è stato raggiunto questo traguardo.
Trento

«In un periodo in cui si parla tanto di clima, possiamo dire che qui c’è un clima positivo»: esordisce così Pierluigi La Spada, coordinatore del Cinformi – Centro informativo per l’immigrazione della provincia di Trento nel commentare i dati del rapporto Ismu, che assegnano alla città sull’Adige la palma d’oro per l’integrazione degli stranieri. «Dati concordi con quanto già evidenziato in altre ricerche riguardo alla discriminazione in campo economico – conferma Fabio Pipinato, del comitato scientifico di MigraOsservatorio sulla discriminazione degli immigrati – e non possiamo che confermare questo risultato». Anche i diretti interessati sottoscrivono: «Forse sono semplicemente stato fortunato – afferma Lazhar Guedaouria, algerino, a Trento da vent’anni – ma mi sono sempre sentito accolto. Ho quattro figli nati qui, e sono perfettamente integrati».

 

Il buon risultato ottenuto si presenta come esito di una molteplicità di fattori: una comunità immigrata relativamente piccola (il 10 per cento della popolazione), un contesto sociale di rapporti stretti, una cultura di accoglienza già presente sul territorio ed un tessuto economico dinamico. «Certo i trentini all’inizio sono un po’ chiusi – osserva Guedaouria – ma se dimostri che lavori, sei onesto e rispetti tutti, ti accolgono a braccia aperte». Un’integrazione che – come emerge anche dai dati della ricerca – va di pari passo in un circolo virtuoso sotto il profilo sociale, economico e culturale: «Io faccio l’autotrasportatore– prosegue – e mia moglie ha un negozio di kebab. Non si possono dividere i vari aspetti dell’integrazione».

 

In tanti poi – immigrati in testa – citano il ruolo fondamentale delle istituzioni, soprattutto provinciali. Il già citato Cinformi, oltre a facilitare l’accesso ai servizi pubblici grazie ad interpreti, si occupa di prima accoglienza, assistenza linguistico-culturale e burocratica, oltre a seguire l’immigrato sul lungo periodo in un percorso di “normalizzazione”. «Il nostro comunque – precisa La Spada – è un lavoro che si inserisce all’interno di quello dell’amministrazione pubblica nel suo insieme: abbiamo raggiunto un accordo con la questura per riuscire ad ottenere i permessi di soggiorno entro 30 giorni, e abbiamo già portato a termine metà delle pratiche di regolarizzazione. Contiamo di finire entro metà gennaio».

 

L’impegno della provincia su questo fronte è testimoniato dall’esistenza di un assessorato alla convivenza e alla solidarietà internazionale, guidato da Lia Giovanazzi Beltrami. «Siamo partiti un anno fa con il “Piano convivenza” – racconta – ossia 21 azioni concrete per la coesione sociale. Partivamo comunque da una buona base, tanto che ci è stato possibile raggiungere ogni valle con degli sportelli sul territorio diretti ad imprenditori ed immigrati». Nel lavoro dell’assessorato trovano poi ampio spazio il dialogo interreligioso e la questione culturale, tramite la valorizzazione dell’associazionismo e del contatto tra le comunità: «Ci teniamo a far percepire la diversità come ricchezza – sottolinea l’assessore – perché l’immigrato possa sentirsi pienamente parte sia del suo Paese d’origine che del Trentino. Infatti organizziamo sia corsi di italiano che delle lingue di questi Paesi, per coloro che rischiano di perdere la loro lingua madre». La cosa che soddisfa di più la Beltrami non è però il primo posto raggiunto nella classifica Ismu: «Quando un immigrato mi ferma per strada chiamandomi “il nostro assessore”, è il momento in cui mi rendo conto che davvero gli stranieri sono entrati a far parte della nostra comunità».

 

L’indice elaborato dall’Ismu, tuttavia, arriva ad un valore di 0,57 su una scala da 0 a 1: rimane quindi uno 0,43 da colmare. «Essere i primi della classe non significa che la classe sia buona – osserva Pipinato – e certo c’è ancora da lavorare, soprattutto nelle valli». È lì infatti che si concentrano gli uomini soli, indicati dal rapporto come coloro che hanno maggiore difficoltà ad integrarsi: «In genere lavorano nell’agricoltura, soprattutto per la raccolta delle mele – prosegue Pipinato – e sono più difficili da raggiungere». Più semplice sembra essere invece la situazione in città: «La maggior parte delle persone ha un progetto di stabilizzazione – spiega La Spada – per cui in genere arriva qui l’intera famiglia». Anche scardinare i pregiudizi, con cui Guedaouria ammette di essersi talvolta scontrato, non è facile: «Se non ci fossero non staremmo qui – ironizza La Spada – dato che esiste ancora una percezione negativa latente e generalizzata dell’immigrato. In genere viene però superata quando lo si conosce personalmente: per questo cerchiamo di far conoscere le ragioni dell’immigrazione, e far incontrare trentini e stranieri. Poi esistono degli aspetti di carattere giuridico che non dipendono da noi, come il percorso tortuoso verso la cittadinanza».

 

Proprio un aspetto prettamente giuridico è il primo citato da Guedaouria: «Uno dei passi da fare è il diritto di voto almeno alle amministrative – afferma – perché abbiamo il diritto e la volontà di partecipare anche noi alla vita pubblica del luogo in cui viviamo». Ma i trentini sarebbero pronti a condividere le urne? La Spada è ottimista: «Credo di sì. Del resto, come sarebbe ragionevole che nell’amministrazione di un condominio avesse voce anche l’inquilino arrivato da poco, così è anche per la città».

I più letti della settimana

Il sorriso di Chiara

Abbiamo a cuore la democrazia

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons