In memoria di un incurabile

Il leader radicale s’è spento all’ospedale, ripetendo fino alla fine l’invito a non mollare. Un “malato” della trasgressione per i diritti umani, o almeno quelli che lui riteneva tali
Marco Pannella

Parliamo oggi, come tutti, di Marco Pannella, un istrione senza uguali capace di inventarne sempre una nuova pur di difendere qualcuno o qualcosa; uno strenuo difensore dei diritti umani, almeno di quelli che lui riteneva tali, in una lista sua propria e certamente incompleta; anche uno straordinario comunicatore, credo che solo Silvio e Matteo negli ultimi 50 anni di vita politica abbiano avuto maggior visibilità. Uno scocciatore. Un eterno insoddisfatto. Uno che non riusciva mai a mangiare nello stesso piatto.

 

Finalmente ora si trova di fronte a colui che ha sempre cercato, probabilmente invano: non tanto Dio (chi lo sa) quanto sé stesso. Un sé stesso molto “agostiniano” (quello delle Confessioni per intenderci, non il retore né il santo), potremmo dire, un’intimità senza tv alcuna a dar voce ai senza voce o senza voce dar voce a sé stesso; un sé stesso finalmente pacificato, senza battaglie da portare avanti come fossero la ragione di una vita; un sé stesso libero dal sentirsi sottoposto come sempre era accaduto alle avance del cattolico di turno che voleva imporgli un Dio dai forti connotati religiosi o il laico di turno che desiderava da lui solo parole di ateismo radicale.

 

Pannella ora si trova solo con il Mistero, da qualche parte, chissà dove, il Mistero senza aggettivi né orpelli. Vivrà sulla propria pelle il “diritto di morire” (non l’eutanasia please), l’esperienza del trovarsi forse finalmente alla presenza di qualcuno che veramente si prende cura di lui. Quello che desideriamo tutti noi incurabili pellegrini su questa terra. Josif Brodskij amava indugiare a Venezia sulle Fondamenta degli incurabili. Perché capiva bene che alla fine lo siamo tutti.

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