In Italia oltre 6 milioni di senza lavoro
Anche quest’anno il rapporto Istat 2014 è arrivato tra le proteste dei 376 ricercatori precari da anni e senza certezze sul loro futuro. Le contestazioni sono l’immagine più efficace per capire i numeri offerti da uno dei centri di ricerca più prestigiosi e necessari per poter leggere il presente e il futuro del Paese.
Il lavoro dell’Istituto di statistica nazionale è sempre più accessibile come forma di espressione e di contenuti tanto da consigliarne una lettura pubblica e collettiva aperta al dibattito. Rimandando analisi e approfondimenti che pubblicheremo sul quotidiano web e nel prossimo numero della rivista Città Nuova (in cantiere un articolo dell’economista Luigino Bruni), si possono evidenziare alcune “pillole” del rapporto messe in evidenza per la stampa.
Ovviamente è opportuno puntare sui numeri reali più che sulle previsioni. Ad esempio, riguardo alle prospettive per l’economia italiana nel prossimo biennio, l’Istat afferma che «nel 2014 si prevede un aumento del prodotto interno lordo (Pil) italiano pari allo 0,6 per cento in termini reali. Per il biennio successivo, la crescita dell’economia italiana si attesterebbe all’1 per cento nel 2015 e all’1,4 per cento nel 2016». Peccato che tali numeri siano del tutto aleatori perché soggetti «a rischi e incertezza derivanti dall’andamento della domanda globale, dalle condizioni di accesso al credito e dagli effetti delle politiche economiche».
Ecco invece alcuni dati da meditare.
«Nel 2013 la crescita economica internazionale è rimasta debole e inferiore ai ritmi pre-crisi. Il rallentamento ha riguardato sia le economie avanzate (per le quali la crescita si è attestata all’1,3 per cento dall’1,4 del 2012), sia quelle emergenti e in via di sviluppo (4,7 per cento nel 2013 rispetto al 5 per cento del 2012)».
«Nel 2013, il Pil in volume italiano si è contratto nuovamente (-1,9 per cento), riportando il livello dell’attività economica leggermente al di sotto di quello del 2000; nel quarto trimestre si è registrato un timido segnale di ripresa economica dopo nove trimestri consecutivi di contrazione dell’attività (+0,1 per cento su base congiunturale). Tuttavia, la stima flash relativa al primo trimestre del 2014 ha evidenziato una nuova flessione (-0,1 per cento).
«Nel 2013 l’occupazione è diminuita di 478 mila unità (-2,1 per cento rispetto al 2012), è il calo più elevato dall’inizio della crisi. Contemporaneamente, il tasso di disoccupazione ha continuato a crescere, dal 10,7 per cento del 2012 al 12,2».
«La diminuzione dell’occupazione ha riguardato in particolare i contratti a termine (-6,1 per cento). Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è cresciuto fortemente nell’anno (+4,5 punti percentuali, toccando il 40 per cento) e l’incidenza della disoccupazione di lunga durata (la quota di disoccupati in cerca di lavoro da più di un anno) è salita al 56,4 per cento».
«I giovani sono il gruppo più colpito dalla crisi: i 15-34enni occupati diminuiscono, fra il 2008 e il 2013, di 1 milione 803 mila unità, mentre i disoccupati e le forze di lavoro potenziali crescono rispettivamente di 639 mila e 141 mila unità. Il tasso di occupazione 15-34 anni scende dal 50,4 per cento del 2008 all’attuale 40,2 per cento, mentre cresce la percentuale di disoccupati (dal 6,7 per cento al 12), studenti (dal 27,9 per cento al 30,7) e forze di lavoro potenziali (dal 6,8 per cento all’8,3). Le differenze di genere sono importanti: il tasso di occupazione è al 34,7 per cento tra le donne e raggiunge il 45,5 per cento tra gli uomini».
«Si vive sempre più a lungo, ma resta bassa la propensione ad avere figli. Nel 2012 la speranza di vita alla nascita è giunta a 79,6 anni per gli uomini e a 84,4 anni per le donne (rispettivamente superiore di 2,1 anni e 1,3 anni alla media europea del 2012). Allo stesso tempo nel nostro Paese persistono livelli di fecondità molto bassi, in media 1,42 figli per donna nel 2012 (media Ue 1,58)».
«L’indice di vecchiaia è tra i più alti al mondo. Al 1° gennaio 2013 nella popolazione residente si contano 151,4 persone over65 ogni 100 giovani con meno di 15 anni. Tra i Paesi europei solo la Germania ha un valore più alto (158), mentre la media Ue28 è 116,6».
«Dal 2008 si è invertito il trend di crescita della natalità in atto dal 1995. Nel 2013 si stima che saranno iscritti in anagrafe per nascita poco meno di 515 mila bambini, circa 64 mila in meno in cinque anni e 12 mila in meno rispetto al minimo storico delle nascite registrato nel 1995».