Il Grand Tour, in giro per il Belpaese

Tra Settecento e Ottocento il turismo internazionale sceglieva l’Italia. Era il Grand Tour, in mostra a Milano fino al 27 marzo alle Gallerie d'Italia.

Chissà se gli italiani di oggi, pandemia a parte, conoscono l’Italia. Non è una battuta, ma una realtà. Chi è stato almeno una volta a Tivoli, a Paestum, a Ercolano o a Vallombrosa? Magari è stato per una visita mordi-e-fuggi a Firenze e a Roma, ma a vedere le solite cose: una indigestione d’arte agli Uffizi o a Roma per ammirare i Fori, Colosseo e Fontana di Trevi. Se va bene, la Cappella Sistina. Ma il resto, ancora salvo nonostante la sistematica distruzione paesaggistica compiuta nel passato e tuttora viva – per esempio nell’Asolano in provincia di Treviso, terra di Canova e Giorgione -, chissà…

Innamorati invece del Belpaese erano gli stranieri – tedeschi, francesi, inglesi, russi– che visitavano le città d’arte sicuramente – Venezia, Firenze, Roma -, ma poi si spingevano a Napoli, in Calabria ed in Sicilia.

Ritratto di gruppo con il conte Firmian e il suo seguito durante una gita nei dintorni di Napoli di Martin Knoller, Mostra Grand Tour

D’accordo, veniva chi se lo poteva permettere, nobili inglesi, letterati come Goethe e Gogol, artisti come Turner e Ingres, musicisti come Mozart, Mendelssohn, Liszt, Wagner e Ciaikovski. E trovavano, almeno dal 1748 al 1796, prima della Rivoluzione francese, ma anche subito dopo nell’Ottocento, la gioia del “mito italiano”, terra del sogno: dell’arte, della bellezza, delle donne, dell’umanità selvaggia e immacolata (il mito del buon selvaggio di Rousseau)… Idealizzavano, ovviamente, e crearono il Grand Tour, ossia il viaggio organizzato ed istruttivo per cogliere la bellezza sia della gente come della natura e dell’arte del passato, la classicità in particolare, ma non solo.

Roma era un centro indiscutibile. Papi, cardinali e nobili si affrettavano a far visitare le favolose collezioni d’arte ai reali napoletani, austriaci o svedesi, i pittori dipingevano la vita nella campagna e sui colli (Il saltarello, di B. Pinelli, 1821 circa), cascate d’acqua meravigliose, distese di prati e di monti. Qualcuno si faceva ritrarre sullo sfondo di rovine antiche, affascinanti, come gli scrittori Chateaubriand o Goethe, per non parlare degli inglesi. Il loro ritrattista per eccellenza era Pompeo Batoni che ci ha lasciato una galleria di personaggi dall’aria elegante, vestiti di seta, sani, un po’ fatui – Ritratto del visconte Coke, duca di Leicester, 1774 – in posa: seduti o in piedi accanto ad una statua antica o ad una veduta di san Pietro o del Colosseo. Del resto, c’era un fitto mercato antiquario e gli inglesi (non solo loro, ovvio) ne approfittavano.

La mania o meglio il sogno della classicità era ovunque: personaggi come Winckelmann, Mengs e Canova ne davano una interpretazione fascinosa, resuscitavano la bellezza antica. Erano artisti da ammirare e visitare, come si nota nella tela di H.D. Hamilton (1791, Victoria and Albert Museum) con il nobile inglese in visita allo studio dello scultore Canova. Il quale era la celebrità massima dell’arte tra fine Settecento e primo Ottocento. Non per nulla le sue opere sono finite a San Pietroburgo, Berlino, Parigi, Londra.

Il Palazzo Ducale di Venezia visto da San Giorgio di Gaspar van Wittel, mostra Grand Tour

L’altra capitale del Grand Tour era Venezia. Pittori lagunari come Bellotto Canaletto e Guardi componevano quadretti di “vedute” cittadine ad ogni ora del giorno e delle stagioni nel mirabile variare della luce in quella che era nel ‘700 la capitale della “dolce vita” di allora.

I pittori guadagnavano e venivano chiamati all’estero, come successe a Bellotto e a Tiepolo. Firenze e Napoli non potevano mancare all’appuntamento.

Pierre-Jacques Volaire-Eruzione del Vesuvio alla luce della luna. Mostra Grand Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei

Dagli Uffizi alle eruzioni del Vesuvio, da Pompei riscoperta a Paestum alla Sicilia, i viaggiatori rimanevano estasiati, Wagner compose parte del Parsifal a Palermo. L’Italia era un sogno vivo, una realtà di bellezza immortale, forse l’ultimo desiderio collettivo di armonia, come dice questa ricca rassegna milanese.

È ancora così oggi? La domanda rimane dopo tante devastazioni e inciviltà prima e dopo il conflitto mondiale. Per non rimanere assuefatti alla bruttezza, la rassegna è da vedere: ci ridà speranza.

Grand Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei. Milano, Gallerie d’Italia. Fino al 27.3 (catalogo Gallerie d’Italia/Skira)

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