In fondo sono solo Giochi

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Il sogno di ogni atleta è parteciparvi: se vincerle è il massimo obiettivo di un’élite, mettersi in mostra è un’occasione per tutti. Le Olimpiadi non rappresentano solamente il più importante evento sportivo planetario, ma uno straordinario palcoscenico che ospita campioni e debuttanti, dilettantismo puro ed incalcolabili interessi economici, sconosciute vicende umane e audience planetarie. In questo quadriennale crogiolo di genuina passione sportiva e fiumi di denaro (1.138 milioni di euro il costo previsto!) convivranno, sotto i riflettori per 16 giorni, 2500 atleti di 85 nazioni, in gara in 15 diverse discipline. Il collaudato rituale dei Giochi impone, in apertura e chiusura, due cerimonie, autentici e tipici momenti liturgici alla luce della fiaccola olimpica: 5 mila artisti, professionisti e non, dai 10 ai 35 anni, artisti circensi, ginnasti, animatori, percussionisti, musicisti, agli ordini (10 mila ore di prove) del coreografo americano Doug Jack, alla sua sesta Olimpiade. La prima caratteristica dello spirito olimpionico antico, come di quello moderno, è quella di essere una religione affermava il barone De Coubertin. Lo sport come nuova religione laica planetaria è di certo l’interesse primario delle multinazionali: agli sportivi, a quelli che gareggiano sotto i cinque cerchi prima di tutto, non è chiesto solo di competere, ma anche di dimostrare che lo sport è ancora veicolo di valori, di amicizia e di fraternità. Portabandiera azzurra, al suo debutto olimpico, sarà la diciottenne pattinatrice Carolina Kostner, scelta per la sua freschezza e la sua spontaneità. Che il peso di questa responsabilità, normalmente affidata ad atleti già affermati, non le giochi brutti scherzi al suo debutto sul ghiaccio olimpico: in troppi attendono da lei un risultato di prestigio, in virtù del suo talento e del cognome. Quello che spartisce con la cugina Isolde, portabandiera a Salt Lake City, esperta discesista, capitana della squadra azzurra, che proprio a poche settimane dai Giochi ha inaspettatamente annunciato il suo ritiro: La mia prossima sfida non sarà la medaglia d’oro, ma diventare mamma – ha annunciato in diretta televisiva con un sorriso disarmante -. Sono grata a Dio di avermi fatto questo regalo testimoniando che non tutti gli atleti hanno perduto la gerarchia dei valori. Il fatto che sia Carolina a sfilare in passerella permetterà, al mattino dopo, ad Armin Zoeggeler, il carabiniere altoatesino cui sarebbe toccato, alla quinta Olimpiade, reggere la bandiera, di lanciarsi più fresco nella pista dello slittino a difendere il suo oro olimpico e le sue quattro coppe del mondo conquistate. L’azzurro farà onore ad una delle tante discipline che le ricorrenti amnesie dei media italiani penalizzano per quattro anni, salvo ripescarle con toni trionfalistici quando le medaglie aiutano a vendere più copie o ad aumentare gli ascolti. Armin non se n’è mai fatto un problema: si infila a 130 all’ora in un budello di ghiaccio non per fama o per denaro, ma per un’inesauribile passione sbocciata da ragazzo gareggiando ogni mattina d’inverno con la slitta da casa a scuola con lo scuolabus: privilegio concesso a chi è nato e vive nel maso più alto di Foiana, 300 anime sperdute sul monte sopra Merano. L’Olimpiade è per sua natura ricca di storie affascinanti come la sua. Il bob a quattro della Giamaica, un cult della pubblicità Fiat, può far sorridere, ma non va sottovalutato il talento dei suoi atleti rubati alle specialità sprint dell’atletica. Come quello di Vonetta Flowers, primo oro nero dell’Olimpiade bianca. Ora ritorna, dopo aver vinto una gara altrettanto importante: il recupero dell’udito di uno dei due splendidi gemelli avuti in questi anni, grazie ad un intervento chirurgico che ha del miracoloso. Controllare le emozioni è invece la specialità di Ole Bjoerndalen, l’unico atleta che ai Giochi parta favorito in cinque gare su cinque: con cinque ori olimpici già in bacheca è l’imbattibile dello scia e spara, il biathlon. Le curiosità, alle Olimpiadi, vengono poi dalle discipline stesse in programma, che hanno l’unico difetto di avere solo denominazioni inglesi. Lo skeleton, il micidiale slittino a testa in giù inventato dagli svizzeri, lo snowboard cross ed il free-style, versioni acrobatiche dello sci, lo short track, un pattinaggio su pista corta, fatto di trucchi e spinte sono eventi riservati a chi ama le emozioni forti. Chi in poltrona sonnecchia non apprezzerà solo la interminabile 50 chilometri di fondo, la maratona dell’inverno, ma anche il curling, versione su ghiaccio del gioco delle bocce (con ciottoli di fiume si gioca in Scozia fin dal 1500), con pietre di 20 chili, con tanto di manico, fatte scivolare dal giocatore verso la zona punti con l’aiuto due compagni che spazzolano vorticosamente il tratto di ghiaccio davanti alla pietra per agevolarne o meno lo scorrimento. Alla fine le discipline note e quelle meno avranno identico peso sul medagliere complessivo al quale puntano Norvegia, Germania, Usa, con l’Italia che mira a superare le 13 medaglie di Salt Lake City, fiduciosa in quei colpi a sorpresa riservati comunemente dalla sorte alla nazione ospitante. Le attende, oltre che dalla Kostner e da Zoeggeler (ottimamente affiancato da Oberstolz e Gruber nel doppio), dallo sci alpino con Giorgio Rocca, che sembra scendere fra i paletti dello slalom ad occhi chiusi, e con le sorprendenti, giovanissime, sorelle Fanchini. Nel fondo le attese, legittime, sono puntate su Paruzzi, Di Centa e Piller Cottrer. Sul ghiaccio dovrebbero brillare anche i ragazzi dello short track e la coppia Fusar- Poli e Margaglio, dopo il deludente, si fa per dire, bronzo americano. Staremo a vedere se i rigorosi controlli antidoping proclamati calmeranno coloro che per il prestigio di una medaglia a cinque cerchi sarebbero disposti a tutto: i tre positivi degli ultimi Giochi invernali non erano mezze figure. Se l’abbuffata mediatica e pubblicitaria di febbraio vi indispone programmate una vacanza in Piemonte dal 10 al 19 marzo: assisterete in diretta, a costi più accessibili, ai giochi di coloro che hanno già vinto, la Paralimpiadi, in cui 1300 atleti diversamente abili canteranno con le loro imprese sportive un trasparente inno alla vita.

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