Vi avevano trovato rifugio libici, eritrei, etiopi e somali. All’origine del gesto una guerriglia interna e l’insofferenza degli abitanti del villaggio vicino. Al telefono don Mosè Zerai, direttore dell’Agenzia Habeshia
Brucia il campo profughi di Choucha a circa 25 km dalla città di Ras Ajdir vicino al confine con la Libia, dove avevano trovato rifugio migliaia di profughi africani fuggiti da Tripoli, tra questi molti profughi eritrei, etiopi e somali. Due diversi incendi sono stati appiccati nei giorni scorso e la situazione sembra precipitare. Raggiungiamo al telefono don Mosè Zerai, direttore dell’Agenzia Habeshia.
Quante persone ci sono nel campo profughi di Choucha?
«Ci sono 3 mila e 300 persone. Dieci minuti fa mi hanno detto che il campo è nel caos. È arrivato nel campo uno dei direttori per la missione dell’Unhcr in Africa che sta cercando di trattare con il Governo tunisino per garantire la sicurezza. Nel frattempo il ministro della Tunisia pare abbia detto di fare presto i trasferimenti di queste persone perché sono troppo vicini alla Libia e non riescono a garantire la sicurezza. Del resto il campo profughi di Choucha era già nato male, in un posto inadatto, senza le necessarie precauzioni ed attenzione alla protezione per i gruppi più vulnerabili come donne e bambini».
Chi ha appiccato il fuoco e perché?
«Ci sono state due fasi. Il primo incendio è stato appiccato tra sabato e domenica scorsi da un gruppo di sudanesi contro le tende dove dormivano gli eritrei perché nei giorni precedenti alcuni sudanesi avevano tentato di abusare sessualmente una ragazza eritrea. La comunità eritrea presente nel campo li ha respinti e come ritorsione e vendetta sono state incendiate una ventina di tende. E quattro eritrei sono morti.Il secondo incendio, invece, è stato appiccato dai tunisini che abitano vicino il campo perché alcuni africani della Nigeria e della Costa D’avorio avevano organizzato una manifestazione, bloccando la strada che collega la Libia con la Tunisia. La reazione della popolazione locale tunisina è stata violenta perché non hanno potuto lavorare e fare i loro commerci con la Libia. Tutto il villaggio è insorto ed hanno bruciato tantissime tende rubando quello che hanno potuto. L’esercito presente per difendere il campo ha aperto, addirittura, il fuoco contro i profughi. Ci sono stati centinaia di feriti da arma da fuoco che sono stati portati in ospedale. Dapprima si pensava a centinaia di morti, in realtà sono morti, per quel che so, due sudanesi»
Cosa può fare la comunità internazionale?
«Deve intervenire l’Onu e trattare con il governo tunisino che ha il compito di garantire la sicurezza. L’Onu deve velocizzare il trasferimento di queste persone o verso il loro Paese di origine o trasferiti in Paesi terzi in quanto rifugiati. Finora dai Paesi europei, Stati Uniti e Canada c’è la disponibilità di accogliere 800 persone su 3 mila e 300 presenti in questo campo».
Ci sono altri campi profughi in Tunisia?
«Che io sappia ce n’è un altro nelle stesse condizioni e più o meno con le stesse presenze»