In dialogo
Arms Down!
Giovani e religioni per il disarmo e lo sviluppo
Una campagna che mira alla raccolta di cinquanta milioni di firme per chiedere a tutti i governi del mondo di investire il dieci per cento delle loro spese militari in progetti di sviluppo. È quanto si propone la Global Youth Network, sezione giovanile della Religioni per la Pace, che ha lanciato il suo programma con uno slogan significativo: “Arms Down!”, “Giù le armi”.
L’iniziativa rientra in una prospettiva più ampia su cui da tempo Religioni per la pace ha deciso di impegnarsi. Si tratta di costruire una sicurezza condivisa, a livello senza dubbio di leggi e di strutture, ma anche di pensiero e di comportamenti. È necessaria una nuova cultura di cui tutto il mondo nel suo essere villaggio globale ha, ormai, bisogno.
La campagna per la raccolta delle firme, un processo ambizioso ma concreto, è stato lanciato in questi giorni durante una conferenza giovanile multireligiosa e multietnica, tenutasi nella città di San Josè di Costarica, il Paese sud americano che ha deciso nella sua Costituzione di restare smilitarizzato: una decisione coraggiosa ed unica nello scacchiere mondiale.
Proprio il suo presidente, l’on. Óscar Arias Sánchez, già Premio Nobel per la Pace nel 1987, ha firmato la petizione della campagna, dando il via ufficiale all’iniziativa. Indirizzando il suo saluto e il suo pieno appoggio ai giovani leader, ha sottolineato che «la campagna riconosce il ruolo fondamentale che le comunità religiose devono avere nel costruire una vera sicurezza condivisa e, allo stesso tempo, il ruolo dei giovani nel processo di coscientizzazione a livello mondiale».
Il papa e il presidente del Kazakistan
Il presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbayev, ha incontrato Benedetto XVI lo scorso 6 novembre. L’udienza ha un significato particolare nell’ambito del dialogo interreligioso e della pace. La Repubblica dell’ex Unione Sovietica è, infatti, nella sua storia recente, un punto di riferimento nell’ambito degli sforzi atti a costruire un clima di distensione e collaborazione fra le religioni. I 15 milioni di abitanti, musulmani per il 60 per cento, comprendono anche cristiani, soprattutto ortodossi, con una piccola minoranza cattolica. Senza entrare nel merito di una gestione del potere assai particolare, va detto come all’interno del Paese i rapporti fra le comunità sono caratterizzati da tolleranza e convivenza pacifica.
La capitale Astana è diventata negli ultimi anni punto di riferimento nell’ambito dei rapporti fra le religioni con le tre conferenze mondiali di leader di diverse tradizioni che si sono tenute a partire dal 2002.