In che direzione va la barca?
Si parla sempre meno del Pakistan. O meglio, se ne continua a parlare ma con i soliti stereotipi: i gravi problemi di sicurezza nelle città attraversate da continue emergenze sanitarie e naturali, l’instabilità della politica che processa i suoi leader, la ininterrotta lotta tra i micidiali droni statunitensi e le cellule di al Qaeda nelle zone tribali al confine con l’Afghanistan, la difficile situazione delle minoranze religiose minacciate dalla legge sulla blasfemia…
Siamo assuefatti alle notizie negative e destabilizzanti, e dimentichiamo con troppa facilità la natura del popolo, la sua forza silenziosa, la sua incredibile adattabilità alle avverse condizioni sociali, tecnologiche, politiche e meteorologiche…
Questo carpentiere di Karachi che appronta lo scafo di un peschereccio con pochi, rudimentali mezzi ci pare allora il simbolo di un popolo di almeno 180 milioni di persone che, “costretto” negli attuali confini dall’indipendenza del 14 luglio 1947, si trova ancor oggi “costretto” a vivere in condizioni spesso drammatiche: ma crea, erige con quel poco che ha ingegnosi prodotti per il bene comune.