In bilico le elezioni in Costa Rica

A sorpresa si afferma il candidato del Partido de Acción Ciudadana (PAC), Luis Guillermo Solis.  E' testa a testa col candidato del partito governante, Johnny Araya. Lo scontento del popolo per la politica tradizionale. La situazione degli altri paesi del centro America
Costarica

Per seconda volta nella storia del Costa Rica, nessuno dei candidati raggiunge la soglia del 40%, minimo richiesto per trionfare al primo turno. Tutte le opzioni politiche proponevano un cambio di direzione dopo due periodi del Partito Liberale Nazionalista (PNL) al governo e con un Parlamento frammentato, durante i quali si è ridotta la fiducia popolare nel sistema politico, con l’astensionismo al 32 %, simile a quello del 2010.

I risultati hanno smentito i sondaggi e premiato uno dei meno favoriti, il candidato del Partido de Acción Ciudadana (PAC) Luis Guillermo Solis che ha superato di un solo punto percentuale (31%) il candidato del partito governante Johnny Araya, che tre mesi fa si riteneva favorito.

Solis, proveniente dalle fila del PLN di cui era stato segretario nazionale, se ne era allontanato 8 anni fa per “la deriva etica”  del partito e costruito il suo programma sulla base della trasparenza di gestione, nel rispetto delle regole economiche capitaliste regolate, però, da uno stato attento all’equità e a frenare la corruzione. Il duello fra i due ha emarginato  il giovane José Maria Villalta del Frente Amplio, partito di sinistra in ascesa, che si prospetta come la novità in un paese tradizionalmente conservatore.  

Ascesa sostenuta dallo scontento verso la politica tradizionale, cresciuta fino a preoccupare i circoli imprenditoriali e conservatori. Temevano che il Costa Rica si unisse al gruppo dei paesi che forma la “nuova sinistra” di America Latina e ancor di più che si vincolasse al “chavismo” venezuelano. Messaggio che è calato nei 3,1 milioni di elettori, rafforzato dalle contraddizioni degli esponenti dello stesso partito. Il saldo  è comunque favorevole perché da un solo deputato nel Parlamento adesso ne conterà 9.

La politica ha così fatto un giro al centro, in questo paese orgoglioso dei suoi esiti sociali, come la sanità e l’educazione pubblica, oltre alle garanzie dei diritti dei lavoratori. Nonostante ciò la disuguaglianza sociale è cresciuta nell’ultimo decennio più che in altri paesi di America Latina, la povertà permane al tasso del 20% e la disoccupazione vicina al 10%, nonostante la crescente apertura economica e una produzione dinamica, anche se con un deficit fiscale che supera il 5%. Sia Solis come Araya hanno promesso riforme fiscali per migliorare le entrate e dovranno convincere il variegato elettorato, tessere accordi e negoziati, per aggiudicarsi le preferenze dei voti liberati.

Un panorama diverso è quello dei paesi del triangolo nord del Centro America, Guatemala, Honduras ed El Salvador. Quest’ultimo anch’esso prossimo a un secondo turno elettorale, con caratteristiche molto diverse per la netta prevalenza ottenuta al primo turno dal candidato del partito di  sinistra FMLN (Farabundo Marti para la Liberacion Nacional) e chiaramente orientato a tessere alleanze con i governi alleati al Venezuela. Gli altri due governi di destra, con adiacenze militari, si dibattono nella ragnatela della lotta all’insicurezza causata dalla delinquenza sfrenata e dalla presenza di bande delinquenziali, alcune immischiate nel narcotraffico tentacolare dei  cartelli messicani. Per tutti l’impegno a scrollarsi  di dosso la violenza omicida che li vede fra i paesi più violenti al mondo, per mezzo di politiche sociali tendenti all’integrazione e a dar lavoro ai giovani.

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