In anticipo sul conflitto d’interessi
La governatrice generale Quentin Bryce, che ha il compito di nominare il primo ministro in caso di stallo in Parlamento, ha sollevato la questione di un potenziale conflitto di interessi. Particolarmente istruttivo per noi italiani.
Quando si dice la lungimiranza. Con la situazione di stallo uscita dalle elezioni australiane del 21 agosto ancora irrisolta – nessun partito, per la prima volta dal dopoguerra, ha conquistato la maggioranza assoluta dei seggi – la governatrice generale Quentin Bryce – che ha il compito di nominare il nuovo primo ministro qualora il Parlamento non trovi un accordo – ha chiesto un parere preventivo in merito al conflitto di interessi in cui potrebbe trovarsi. Perché la figlia della Bryce, Chloe, è sposata con il laburista Bill Shorten, figura emergente del partito. Se i giuristi ritenessero che il conflitto di interessi esiste, la Bryce passerebbe il delicato compito alla governatrice del New South Wales, Marie Bashir, per anzianità di servizio.
Vista dall’Italia delle “parentopoli” e dei conflitti di interesse, di cui si parla da anni senza arrivare ad un’opinione condivisa su in che cosa consistano esattamente e su come regolamentarli, la vicenda appare, se non istruttiva, quantomeno curiosa. Primo, perché la Bryce si è mossa di sua spontanea volontà e in anticipo, senza aspettare che laburisti e conservatori – i due partiti che hanno ottenuto il maggior numero di voti – concludano i negoziati con verdi e indipendenti, saliti alla ribalta come ago della bilancia. Secondo, perché, per quanto le opinioni in merito non siano uniformi, buona parte dei giuristi a cui era stato chiesto il parere si è affrettata a mettere le mani avanti: certo, la governatrice ha fatto la cosa giusta a sollevare la questione, ma per carità, è così evidente come questa carica debba essere al di sopra delle parti che non esiste il minimo dubbio sulla sua imparzialità, pena la perdita della reputazione (che nei Paesi anglosassoni è il bene più caro di un politico). Terzo, perché evidenzia una sensibilità verso l’elettorato – a cui il governatore peraltro non risponde, in quanto nominato dalla regina d’Inghilterra senza termine ufficiale di mandato – a noi forse estranea: se apparire ed essere indipendenti sono due cose diverse, non è poi male riuscire a mantenere entrambi gli aspetti. Ancor più per chi ricopre un incarico pubblico.