Imu e scuole cattoliche

Stabiliti i criteri per definire la natura non commerciale delle attività didattiche, anche ai fini dell'applicazione o dell'esenzione della tassa sugli immobili. Sul campo restano difficoltà pratiche.
Scuola

Il governo si è riscattato. Ricordiamo tutti la bocciatura (da parte del Consiglio di Stato nel settembre di quest'anno) dell'originario schema di regolamento governativo emanato per stabilire se determinati immobili, destinati allo svolgimento di attività 'no-profit' in senso lato (assistenziali, sanitarie, didattiche, culturali e di religione e culto, ecc…), possano godere della esenzione dall'IMU a partire dal prossimo 1 ° gennaio 2013.

All'epoca non esisteva ancora un testo di legge che potesse sorreggere e giustificare lo schema di regolamento proposto da Palazzo Chigi anche con riferimento ai criteri generali che potessero qualificare come commerciale o meno l'attività svolta dagli enti no-profit. Ora questo decreto c'è, ed è stato regolarmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 23 novembre scorso.

Restano però le criticità e i problemi (di soluzione non proprio agevole) per definire in concreto e con buoni margini di sicurezza quando e se determinate attività siano da considerarsi non commerciali e soprattutto se determinati immobili ove quelle attività vengano svolte, siano soggetti all'applicazione dell'IMU o possano beneficiare dalla esenzione da essa.

Pensiamo ad esempio alle scuole gestite da istituzioni o enti cattolici  o più in generale da enti che, di regola, non abbiano per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, ma solo di attività istituzionali volte cioè alla realizzazione di fini di utilità sociale.

Ebbene, per detti enti, per essere sicuri che la natura dell'attività sia da considerare "non commerciale", sarà necessario procedere almeno ad una duplice preliminare verifica:

1) accertare che l'atto costitutivo o lo statuto prevedano il divieto di procedere a distribuzioni di utili a favore di amministratori, soci o lavoratori, l'obbligo di reinvestire gli eventuali utili di gestione per lo sviluppo delle attività istituzionali e l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente in caso di scioglimento ad altro ente non commerciale;

2) accertare che l'attività svolta sia paritaria a quella statale (senza discriminazione alcuna dei potenziali alunni), che risultino osservati gli obblighi di accoglienza di soggetti diversamente abili, che il bilancio sia pubblico, ma soprattutto che tale attività sia svolta a titolo gratuito o a fronte di corrispettivi di importo simbolico, cioè tali da coprire solo una frazione del costo del servizio effettivamente reso.

E' proprio quest'ultima condizione forse la più vessatoria per gli enti in questione, perché è chiaro che la gratuità del servizio (o comunque l'applicazione di 'tariffe' solo parzialmente rapportate al costo effettivo) non ne consente nemmeno il semplice pareggio economico.

In più, ai fini della esenzione dall'IMU, per quegli immobili che sono – come si dice – ad "utilizzazione mista" (e cioè in parte destinati all'esercizio di attività commerciali e per la residua parte ad attività istituzionali con modalità non commerciali), sarà necessario – per fruire dell'esenzione almeno in relazione a detta ultima parte residuale – individuare la superficie destinata all'attività commerciale, il numero dei soggetti nei cui confronti detta ultima attività viene svolta nonché il numero dei giorni durante i quali gli immobili sono destinati ad attività non istituzionale: si individua così la porzione esente da IMU per differenza proporzionale.

Insomma, un calcolo, come si diceva, non del tutto agevole e anche suscettibile di diverse interpretazioni a seconda dei punti di vista dai quali ci si pone per effettuarlo: forse non saranno superflue precisazioni di fonte ministeriale (è augurabile prima del 1° gennaio 2013) anche per chiarire se il riferimento alle tariffe simboliche consenta almeno di tenere in debito conto i costi minimali ed indefettibili per l'adeguato e dignitoso svolgimento di un'attività – come quella didattica – così importante e rilevante sotto il profilo della utilità sociale. 

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