Importanti elezioni in Indonesia e Pakistan
Ad andare alle urne sono stati due grandi Paesi musulmani: Indonesia e Pakistan, che insieme toccano il mezzo miliardo di abitanti con una maggioranza assoluta di musulmani. Si tratta, tuttavia, di nazioni molto diverse, dove l’Islam stesso mostra consistenti differenze.
L’Indonesia, infatti, nonostante la sua netta maggioranza musulmana non ha mai adottato la legge islamica, la sharia, con l’eccezione della provincia (ex sultanato) di Aceh. Al contrario, negli ultimi decenni e con i due mandati al presidente uscente Joko Widodo, l’Indonesia ha cercato strenuamente di difendere le regole del pancasila, i cinque principi che ispirano il Paese, il primo dei quali è la fede in Dio a prescindere dalla religione di appartenenza dei cittadini.
Anche se sarà necessario attendere ancora qualche giorno per i risultati ufficiali, che saranno annunciati dal governo, l’esito della consultazione elettorale pare aver confermato le previsioni della vigilia. Prabowo Subianto, ex-generale in pensione ormai avanti con gli anni, avrebbe ottenuto il 60% dei voti con un netto distacco sugli altri due concorrenti: l’ex governatore di Jakarta, Anies Baswedan, fermo al 25%; e Ganjar Pranowo, che avrebbe raccolto solo il 16% dei consensi. Quest’ultimo si è presentato come il candidato ufficiale del Partai Demokrasi Indonesia Perjuangan, il partito di governo, “scaricato” dal presidente uscente Joko Widodo, il cui figlio – il 38enne Gibran Rakabuming Raka – ha appoggiato l’ex generale Prabowo e sarà il suo vice-presidente.
Prabowo l’ha spuntata, alla fine, dopo due tentativi andati a vuoto nelle precedenti elezioni, dove era stato sconfitto da Widodo, che, tuttavia, lo aveva poi incluso nel suo gabinetto come Ministro della Difesa nell’ultimo mandato, quello conclusosi in questi giorni.
Il vincitore, Prabowo Subianto, è un personaggio da sempre controverso per le accuse ricevute da anni, e dalle quali non è mai riuscito a scagionarsi del tutto, di violazione dei diritti umani e violenze durante la dittatura di Suharto, che ha governato il Paese per tre decenni (dal 1968 al 1998). In questa campagna elettorale Prabowo ha lanciato la sua corsa alla presidenza con una massiccia presenza sui social – particolarmente su TikTok, dove ha imperato un balletto con un ‘avatar animato’ –, che hanno rappresentato l’icona della corsa alla presidenza dell’anziano generale. A sorpresa, poi, il presidente uscente Widodo ha deciso di appoggiare proprio Prabowo, che aveva sconfitto due volte. Forzando l’attuale sistema elettorale, Widodo ha inoltre favorito l’affiancamento del figlio al generale. Proprio questa politica del presidente uscente ha creato un notevole malessere nel Paese e un sentimento negativo nei confronti di Widodo e del suo ex partito.
Senza dubbio assai più complessa e nebulosa la situazione in Pakistan, dove il premier uscente Nawaz Sharif è stato sconfitto. Sharif, già Primo Ministro per tre volte in passato, è stato sconfitto dal partito dell’ex stella del cricket pakistano Imran Khan. Il partito di Khan ha raccolto il maggiore numero di voti, ma pare impossibile che riesca a formare una coalizione di maggioranza. Il suo leader, vera icona nazionale ma altrettanto vituperato e finito in prigione, non è nemmeno riuscito a parlare ufficialmente ai suoi sostenitori affidandosi ad un messaggio generato dall’intelligenza artificiale.
Il panorama del Parlamento uscito dalle elezioni è assai frastagliato e sarà molto complesso formare una coalizione di governo. Khan ha ottenuto con il suo partito, che non ha potuto far uso del proprio simbolo, 93 dei 101 seggi considerati indipendenti. Sharif si è fermato a 75 seggi con la sua Lega musulmana, che gode di potenti appoggi dei militari che da sempre controllano, di fatto, la politica in Pakistan. Ma c’è anche una terza forza significativa: il Pakistan Peoples Party di Bilawal Bhutto, che si è assicurato 54 rappresentanti. I prossimi giorni saranno decisivi per la formazione di una coalizione che dovrà essere ufficializzata entro il 29 febbraio, giorno in cui si riunirà il parlamento neo-eletto. La situazione è ancora piuttosto confusa, difficile prevedere la via d’uscita dallo stallo. Intanto i militari, per ora, stanno a guardare!