Impegnarsi per il bene comune
I nostri gesti gratuiti verso l’altro hanno la loro radice nell’amore di Dio.
Più che accumulare azioni, opere, Dio vorrebbe il cuore dell’uomo: parole forti e provocatorie che Chiara Lubich ci propone nel suo commento alla Parola di Vita, chiamando in causa tante delle nostre scelte. Stiamo vivendo l’Anno europeo del volontariato, e chi più dei volontari realizza azioni, sostiene opere, s’impegna per aiutare gli altri?
Ecco un esame di coscienza per tanti di noi, che in un modo o nell’altro sentiamo di impegnarci per il bene comune. Alla radice vi è Dio che ci porta a condividere con lui la propria essenza: l’amore. Non sempre abbiamo la piena consapevolezza che i nostri gesti gratuiti e di accoglienza verso l’altro in difficoltà hanno la loro radice nell’amore che Dio ha versato in noi, e che a nostra volta, in una sorta di osmosi, siamo spinti a diffondere e condividere. Ecco che la parola di Chiara ci richiama all’essenziale: non conta tanto fare (addirittura accumulare) opere buone, quanto cambiare la nostra vita, affinché le nostre buone azioni non siano di ostacolo all’amore di Dio.
Quando nel 2006 ci fu un disastroso terremoto in Pakistan, con gli aiuti internazionali arrivarono anche volontarie e volontari dai Paesi occidentali, ben preparati professionalmente e motivati. Una di loro, non credente, accudiva un ragazzo ferito gravemente che, rimasto senza alcun parente prossimo, si stava lasciando morire per la disperazione nonostante le sue cure. La volontaria europea fu profondamente sorpresa nel constatare che, invece, un giovane cristiano pakistano, venuto ad assistere i feriti, senza una specifica competenza ma con la sua presenza silenziosa e discreta, dopo due giorni e due notti accanto al ferito, lo aveva riportato alla voglia di vivere.
Ancora in un progetto di adduzione di acqua realizzato da poco in Burundi da Casobu e altre Ong, parte della popolazione beneficiaria aveva mostrato grande sfiducia e non voleva partecipare ai lavori di scavo per le trincee ove far passare le condutture idriche. I membri di un gruppo della Parola di Vita lì vicino si sono decisi a intervenire, senza considerare se quel villaggio apparteneva o meno al loro gruppo etnico, e in fondo sapendo che quella conduttura non avrebbe portato acqua alle loro case. Questa disponibilità li ha spinti a organizzare turni di lavoro volontario per iniziare a scavare le trincee, senza chiedere nulla in cambio. A poco a poco anche i diretti interessati si sono convinti e hanno partecipato in pieno a quei lavori, trascinati dalla loro testimonianza concreta e silenziosa.