Immigrazione, proposta bipartisan
Il presidente Obama, nel suo primo discorso sul tema, ha sostenuto un disegno di legge che definisce un percorso di regolarizzazione per gli 11 milioni di clandestini nel Paese. Ma la questione rimane controversa.
Se è bipartisan la proposta – messa a punto dal senatore democratico Schumer e dal repubblicano Graham – altrettanto bipartisan sono i dubbi e le critiche. Barack Obama, nel suo primo discorso interamente dedicato ad un tema scottante come l’immigrazione, ha invitato il Congresso ad una riforma radicale della legislazione in merito portando come esempio questo disegno di legge, che prevede la possibilità per gli 11 milioni di clandestini di regolarizzare la propria posizione. Le condizioni sono l’ammissione di aver violato la legge, il pagamento di una multa e delle tasse arretrate, un controllo sui precedenti penali e la dimostrazione di saper parlare inglese. La proposta prevede inoltre che venga rafforzato il controllo sia ai confini che in patria, con tanto di carte di social security – necessarie per essere assunti – con dati biometrici, così da ostacolare l’impiego di immigrati irregolari. Obama ha quindi ripetuto il suo no a misure estreme, come deportazioni di massa «logisticamente impossibili ed eccessivamente costose» o un’amnistia indiscriminata che sarebbe «poco saggia e ingiusta verso chi ha rispettato le regole».
Il sostegno o l’opposizione alla proposta, più che dal colore politico, sembrano dipendere dai diversi contesti socio-economici. Se molte metropoli multietniche e diversi imprenditori – dal sindaco di New York Michael Bloomberg al magnate di origini australiane Rupert Murdoch – hanno accolto con favore una proposta che avrebbe ricadute positive in quanto a integrazione e reclutamento di forza lavoro, gli Stati di confine che ogni giorno devono confrontarsi con il problema, come l’Arizona, non intendono abbandonare la linea dura. E per quanto Obama abbia sottolineato l’inaccettabilità di un sistema in cui ogni Stato adotta leggi diverse sull’immigrazione – vedi appunto il controverso caso dell’Arizona, contro la quale il governo federale farà ricorso – è difficile conciliare le necessità di chi rischia di dover tornare verso un Paese da cui è fuggito, spesso per disperazione, e dei 15 milioni di americani disoccupati, che prenderebbero volentieri gli 8 milioni posti di lavoro attualmente appannaggio di irregolari.
L’appello di Obama al Congresso non è il primo: all’inizio di giugno i vescovi del Nord e Centro America, riuniti a Washington, avevano invitato le due Camere e il presidente a «riaffermare la tradizione di nazione di immigrati degli Stati Uniti, e riformare le leggi sull’immigrazione così da consentire a chi lavora onestamente di godere dei benefici della protezione legale». Un richiamo che viene da chi di immigrazione ne sa qualcosa, dato il contributo che la Chiesa ha sempre dato all’accoglienza dei quasi 60 milioni di persone che hanno varcato i confini statunitensi nel corso della storia. I vescovi hanno insistito non solo sulla necessità di proteggere chi intraprende questi viaggi della speranza, spesso costellati di abusi e violenze, e di evitare che le famiglie vengano divise quando qualche membro nel nucleo non è in regola e quindi espulso; si sono anche soffermati sullo sviluppo economico sostenibile del continente, tirando in ballo esplicitamente accordi commerciali – come il Central American Trade Agreement (Cafta) – che si sono rivelati ingiusti o controproducenti. Certo, specificano i vescovi, «riconosciamo la necessità di proteggere i confini e il bene dei cittadini; ma siamo convinti che questi obiettivi possano essere raggiunti senza violare i diritti umani». L’appello invita poi i governi a collaborare «per lo sviluppo e la stabilità regionale», e i fedeli perché «dimostrino solidarietà verso i migranti e si impegnino perché vengano trattati in maniera giusta e umana».
Obama si è detto convinto che «gli americani sono pronti a fare un passo avanti». Probabilmente non accadrà presto: secondo la stampa americana non si arriverà ad una legge in merito entro l’anno, sebbene la Casa Bianca abbia sollevato la questione in vista delle elezioni di novembre in cui verrà rinnovata metà del Parlamento. Far presa sull’elettorato di origine straniera e su quello moderato è cruciale di fronte alla possibilità di non godere più di una solida maggioranza come l’attuale. Al di là delle considerazioni politiche, tuttavia, almeno per chi crede rimane forte l’esortazione della Conferenza episcopale americana a vedere la questione con gli occhi di chi è chiamato a proteggere i più deboli, a «dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati».