Immigrazione: miti e realtà

Secondo i sostenitori dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, il sistema del welfare del Paese è troppo generoso verso gli immigrati agevolati dalla libertà di movimento garantita dalle norme europee. I numeri e le relazioni ufficiali dicono il contrario, ma è un dato poco conosciuto nel dibattito sul referendum del 23 giugno
england

Una delle principali questioni sollevate da chi è favorevole all’uscita del Regno Unito dalla UE è l’immigrazione fuori controllo. È difficile avere un quadro realistico in proposito senza guardare le statistiche: perciò, eccone alcune.

 

Nei dodici mesi precedenti a settembre 2015, il saldo netto dell’immigrazione in Gran Bretagna è stato di 323 mila unità, contro le appena 79 mila del 1981. Le domande di asilo sono state 38.878 con un aumento annuo del 20 per cento, ma ben lontane dal picco di 103 mila del 2002.

 

La Germania, per avere un termine di paragone, nel periodo da ottobre 2014 a ottobre 2015 ne ha accolte più di 353 mila, l’Ungheria 204 mila e la Svezia 94 mila. Il tasso di richiedenti asilo per milione di abitanti nel Regno Unito era di 185, più bassa dell’Irlanda, dell’Islanda e della Svizzera.

 

Coloro che desiderano ridurre il numero di immigrati in Gran Bretagna, sostengono che questi arrivano nel Regno Unito per beneficiare del generoso sistema assistenziale, per quanto numerosi studi dimostrino che gli immigrati in Europa pagano in tasse più di quanto ricevano in termini di assistenza.

 

 

Secondo uno studio dello University College di Londra, negli ultimi dieci anni gli immigrati hanno dato un contributo netto di 20 miliardi di sterline alle casse britanniche, e gli stranieri non hanno comunque accesso a numerose forme di assistenza se non con un permesso di soggiorno a tempo indeterminato. Diversamente da chi ha un visto per lavoro, gli studenti e i richiedenti asilo non rientrano in questi parametri.

 

Nel 2013 un portavoce del Commissario europeo all’impiego ha affermato che il governo britannico non aveva fornito alcuna prova specifica per dimostrare che il suo sistema di welfare fosse abusato, e che i cittadini europei pagassero in tasse più di quanto ricevessero in termini di assistenza. Nello stesso anno, un rapporto della Commissione Europea ha dimostrato che gli immigrati disoccupati erano meno del 5 per cento del totale, e che meno di 38 mila avevano chiesto un sussidio di disoccupazione.

 

La maggioranza dei politici, e a dire il vero anche dell’elettorato britannico, vede la questione principalmente sotto l’aspetto economico, e non sotto quello della compassione e dell’accoglienza. E gran parte della rabbia è rivolta contro l’Ue, che permette libertà di movimento. In realtà, oltre la metà delle 617 mila persone che vengono a vivere in Gran Bretagna arriva da fuori Europa: la maggior parte dall’India – 45 mila – seguita dalla Cina – 39 mila. Per quanto riguarda l’Ue, i maggiori flussi arrivano dalla Romania (34 mila), Polonia  (32 mila) e Francia (23 mila).

 

Sarebbe bene che queste statistiche venissero meglio rese note in Gran Bretagna, altrimenti i cittadini nel prossimo referendum potrebbero basare la loro decisione di voto sulla generica impressione che il Regno Unito è un Paese invaso dagli immigrati in arrivo dall’Ue, desiderosi di sfruttare il loro sistema di welfare. E come le statistiche dimostrano chiaramente, ciò è ben lontano dalla realtà.

 

(taduzione Chiara Andreola)

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons