Immigrazione dal vivo

Da quattro anni Gabriele Del Grande scrive un blog sulle vittime dell'immigrazione in Europa. Da noi intervistato.
Un bambino immigrato

È tradotto in 20 lingue e conta più di 200 mila contatti nel 2009; dopo quattro anni è un punto di riferimento per la stampa nazionale e internazionale e i suoi reportage sono citati da media, associazioni e organismi istituzionali e giudiziari. È Fortress Europe, il blog di Gabriele del Grande (classe 1984), «un osservatorio sulle vittime dell’immigrazione lungo le frontiere d’Europa». Lui, Gabriele, ha fatto del giornalismo investigativo una missione.

 

Quanto è difficile raccontare i fatti “dal di dentro”?

«Una storia la si può raccontare solo nel momento in cui la si incontra, non si tratta di rischiare, di fare l’inviato di guerra, ma a Roma, ad esempio, di andare in una scuola italiana e parlare coi ragazzi somali o eritrei che raccontano cosa è successo lungo la rotta. Quelle storie le racconti se ti sporchi le scarpe, esci dalla redazione, incontri le persone e ti metti ad ascoltarle».

 

Parlaci del reportage dalla Libia…

«Nel 2008 ho visitato le carceri libiche dove sono detenuti, in condizioni inumane, i migranti arrestati a sud di Lampedusa e i respinti in mare dall’Italia verso la Libia: in stanze di 4 metri per 4 ci sono 40-50 persone senza letti alla mercé degli abusi, le violenze sulle donne da parte della polizia libica che gestisce i centri finanziati dall’Italia, dall’Europa. Ho incontrato in Libia rifugiati detenuti da anni, perché non essendoci procedure di asilo si finisce dentro e non si sa più quando si esce».

 

Come organizzi i tuoi viaggi?

«È importante perdere tempo, verificare le notizie, capire quali sono le cose da raccontare, ascoltare con tanta umiltà, perché quando si viaggia c’è solo da imparare e scopri che la realtà è diversa da come la immaginavi, che fa meno audience, che è più complessa e non è da prima pagina. Ma bisogna comunque esser fedeli alla verità e raccontarla». “Il Mare di Mezzo” è il suo ultimo libro.

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