Immigrati: poche chiacchiere, molta ospitalità

Chioggia

L’emergenza immigrazione occupa in questi tempi buona parte dello spazio mediatico, con toni spesso molto accesi; ma nella diocesi di Chioggia già dall'anno scorso l'accoglienza è una realtà, grazie ad un progetto di ospitalità nato dalla Caritas e da alcuni giovani volontari della Comunità missionaria di Villaregia.

 

Il progetto è partito nel 2014 quando sono arrivati 65 nuovi richiedenti asilo – portando il totale delle presenze a oltre un centinaio -, rendendo evidente la necessità di dare una forma di coordinamento agli sforzi di ciascuno: i volontari della Caritas e della Comunità hanno così iniziato a lavorare insieme nei quattro centri di accoglienza della zona, coinvolgendo anche istituzioni locali – tanto che i comuni di Porto Viro e Chioggia sono partner del progetto -, cooperative sociali, parrocchie e gruppi giovanili.

 

Filo conduttore dell'azione dei quaranta volontari impegnati è «umanizzare l'ospitalità» dei rifugiati, così da favorirne l'inclusione sociale. Si va dai corsi di lingua italiana, all'assistenza psicologica, sanitaria e amministrativa, ai laboratori di manualità, alle iniziative culturali, fino ai momenti di preghiera, di gioco e di festa.

 

Particolarmente efficace si è poi rivelata l'iniziativa «Aggiungi un posto a tavola», che nel periodo dell'Avvento e della Quaresima ha visto circa 70 famiglie del territorio aprire le loro porte a piccoli gruppi di rifugiati per condividere, oltre al pranzo o alla cena, il proprio vissuto, i progetti e le speranze per il futuro.

 

«Possiamo riconoscere che il primo frutto del progetto è quello di aver avvicinato dei volti, aver fatto incontrare delle storie – scrivono i volontari nel raccontare la loro esperienza sul sito Firenze2015.it -: quelle di chi ospita e quelle di chi è ospitato. In un contesto poco incline all’accoglienza, il progetto sta aiutando la popolazione del Delta del Po e di Chioggia a superare la paura del diverso, dello straniero, maturando una maggiore sensibilità alla fraternità ed alla solidarietà».

 

«Un altro frutto – continuano – è la creazione di una rete di collaborazione fra istituzioni, soggetti del terzo settore e comunità ecclesiale. Un importante segnale della ricaduta del progetto in diocesi è il fatto che, nella veglia diocesana dei giovani per la Pentecoste 2015, il momento centrale sia la testimonianza dei rifugiati e dei giovani volontari del progetto».

 

Certo non sono mancate le critiche da parte di chi non condivide il loro operato, né le difficoltà legate al numero esiguo rispetto alle necessità di persone impegnate o a problematiche organizzative: per questo, concludono, «vorremmo iniziare un processo di coinvolgimento lavorativo di giovani già impegnati volontariamente in questi ambiti, e auspichiamo di poter inserire alcuni giovani del servizio civile.

 

Potenzieremo poi la dimensione formativa, investendo forze e risorse nella formazione dei volontari e nella sensibilizzazione della comunità ecclesiale e del territorio».

 

Dal sito di Verso Firenze

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