«Imballata» la Porta d’Europa
«Imballata» con sacchi di plastica. La Porta d’Europa, monumento simbolo dell’accoglienza a Lampedusa, è stata completamente avvolta da plastica nera, teli verdi e centinaia di metri di nastro adesivo.
Un brutto risveglio, quello del 3 giugno, per gli abitanti di Lampedusa: un gesto, uno sfregio che ha portato l’isola, avamposto italiano nel Mediterraneo, alla ribalta nazionale. Stavolta non per gli sbarchi dei migranti, o per lo splendido mare e le sue scogliere cristalline, ma per un gesto che vuole essere una provocazione, o forse qualcosa in più.
«Un gesto stupido, a cui non bisogna dare nessun peso eccessivo»: lo definisce così l’ex sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini.
Il sindaco, Salvatore Martello, ha denunciato l’accaduto alle autorità competenti. Dopo il sopralluogo della Polizia municipale, i teli posticci sono stati rimossi ed il monumento realizzato da Mimmo Palladino nel 2008, considerato un simbolo dell’accoglienza, è stato restituito alla sua bellezza. È ancora lì, di fronte al mare che negli anni ha visto purtroppo l’odissea di centinaia di migliaia di persone e migliaia di morti in fondo al mare.
«Questo monumento, per noi, è un simbolo dell’isola, un simbolo dell’accoglienza. È un atto delinquenziale, un gesto che fa male ed è una ferita per l’isola – spiega Martello – Un’offesa per la nostra storia, per un’isola che è sempre stata solidale e che ha scritto pagine importanti sull’accoglienza. Alcuni hanno detto che è un gesto contro l’accoglienza dei migranti. Non è così. Io sono convinto che sia il gesto sconsiderato di un piccolo gruppo che fomenta le difficoltà attuali dell’isola. È indubbio che l’isola vive un momento di malessere. L’economia di Lampedusa è ferma, non c’è turismo, i trasporti sono difficilissimi. Io stesso ieri avrei dovuto recarmi a Palermo, ho dovuto rinunciare perché non c’era più posto sull’unico aereo che vola da Lampedusa».
Martello spiega come l’isola ha vissuto il periodo del lockdown e quale la situazione attuale. «Per noi la difficoltà economica è maggiore rispetto ad altre zone del Paese. Il turismo è fermo, la ristorazione è bloccata. L’isola si regge sul turismo: il 90 per cento dei turisti proviene dalle regioni del Nord Italia e, per ora, non arriva nessuno. Anche il settore della pesca è in difficoltà. Oggi si riesce a vendere appena il 50 per cento del pescato. Solo una parte è destinato al mercato di Lampedusa ed ai suoi ristoranti, il resto va in altre regioni. Le difficoltà per un’isola si moltiplicano: finora, siamo stati abbandonati dallo Stato ed è facile fomentare le tensioni sociali che si vivono. Persino le barche dei migranti non vengono rimosse: da tempo sono lì, ammonticchiate in un angolo del porto».
La Porta d’Europa, inaugurata il 28 giugno 2008, è dedicata ai migranti che attraversano il Mediterraneo e che, in molti casi, non ce l’hanno fatta e sono sepolti in fondo al mare. Si calcola siano almeno 12 mila i morti annegati a causa dei naufragi dei barconi. Fu voluto da Amani e Arnaldo Mosca Mondadori e realizzato dallo scultore Mimmo Palladino. È alto cinque metri e largo tre. Si erge sulla collina più alta, visibile dal mare a occhio nudo per chi si avvicina alle coste meridionali dell’isola.
In questi giorni sono state fatte varie ipotesi, qualcuno ha pensato persino che il gesto volesse essere un omaggio a Christo Vladimirov Javacheff, «l’artista che impacchettava il mondo», come qualcuno l’ha definito, esponente della “Land Art”, morto qualche giorno fa.
«Se qualcuno avesse voluto fare un omaggio a Christo – commenta Nicolini – lo avrebbe fatto chiedendo un’autorizzazione, non in modo clandestino. Un gesto come questo è una vigliaccata stupida, non si può violentare così la storia dell’isola. La pandemia è una difficoltà per tutti noi, ma non è diversa per Lampedusa rispetto ad altre zone del Paese. È un’esperienza inedita per tutti, ma che stiamo vivendo insieme a tutti gli altri. È una vicenda dura, che viviamo da italiani insieme agli altri italiani. Il turismo soffre a Lampedusa esattamente come nel resto del Paese. A Lampedusa non c’è stato nemmeno un caso di coronavirus: stavolta l’insularità non è stata un problema, semmai ci ha preservato. Da questo momento duro dovremo ripartire, con l’aiuto di tutti».
Ma Lampedusa vive davvero una situazione di intolleranza ? «Le difficoltà sono reali – risponde Nicolini – ma i migranti non aggravano i problemi dell’isola. Gli alberghi sono vuoti, è vero ma, paradossalmente, alcuni tra questi ospitano il personale dello Stato impegnato nel centro di accoglienza. C’è un piccolo indotto che ruota attorno all’accoglienza. I fenomeni di intolleranza sono una patologia, in questo malessere si radica il populismo. Tempo fa, ad esempio, è stata promossa una petizione che chiedeva la realizzazione di un ospedale e la chiusura del centro di accoglienza. Posso capire la richiesta di un ospedale, ma perché legarlo alla chiusura del centro? Mettere insieme le due cose serve a fomentare il malessere, ad accrescere il populismo, allontana la nostra isola dallo Stato. Lo Stato ci è vicino: durante la mia sindacatura abbiamo ottenuto 20 milioni per la realizzazione di opere infrastrutturali nell’isola. Il 3 giugno 2016 il presidente della Repubblica ha inaugurato il Museo della Fiducia e del Dialogo per il Mediterraneo. Alcuni disertarono questo appuntamento. Lo Stato c’è, bisogna lavorare nella stessa direzione, portare lo Stato a Lampedusa, non allontanarlo».