Il ventottesimo scudetto

La Vecchia Signora torna sul tetto d'Italia
Scudetto Juve 2012

Ha vinto la squadra più forte. Quella con più grinta, più voglia, più determinazione. E, soprattutto, quella che ha giocato meglio. La Juventus ha strameritato questo scudetto, e lo ha fatto nel solco della migliore tradizione bianconera, con un’ossatura di squadra ben definita e con una rabbia agonistica senza pari.

 

E qui sta l’impresa compiuta da Antonio Conte: aver saputo rigenerare giocatori e uomini reduci da due settimi posti, ridando loro fiducia, sicurezza, tranquillità e disponendoli in campo con un modulo adatto alle loro caratteristiche (intelligente, il tecnico salentino, nel rinunciare presto al 4-2-4 di partenza).

 

Uno scudetto costruito a partire dalla difesa (lo “0” nella casella delle sconfitte ne costituisce la prova più lampante), ribadendo il concetto che se si vuole vincere, almeno in Italia, vale la regola del «primo non prenderle», perché un golletto prima o poi lo fai, soprattutto se hai il gioco e l’intensità di questa Juve. Proprio il gol, a dire il vero, a un certo punto sembrava rappresentare un grosso problema per i bianconeri, affetti da “pareggite” cronica perché incapaci di concretizzare quanto (tanto, tantissimo) creato.

 

Ad ogni modo, la Vecchia Signora è tornata sul tetto d’Italia, e lo ha fatto malgrado il suo miglior cannoniere (Alessandro Matri) occupi il 16esimo posto nella classifica marcatori della Serie A, con dieci gol all’attivo. D’altronde, se in 37 partite subisci la miseria di 19 gol (e l’ultimo, quello col Lecce, grida vendetta: paperissima di Buffon), difficilmente non vinci qualcosa di importante.

 

Complimenti, dunque, a Bonucci e Barzagli, i centrali difensivi che fino all’anno scorso parevano già in fase calante e che invece hanno costruito una vera e propria diga davanti a chi, nonostante il regalo ai salentini, resta il miglior portiere del mondo.

 

Complimenti a Chiellini, insostituibile jolly della retroguardia, al giovane De Ceglie e allo svizzero Lichtsteiner, azzeccatissimo acquisto dell’estate. Un reparto arretrato nel quale hanno saputo farsi trovare pronti anche il paraguaiano Estigarribia e l’uruguagio Caceres, sudamericani come il centrocampista cileno Vidal, il miglior debuttante di questa Serie A. La linea mediana bianconera, poi, è stata impreziosita dal talento di Marchisio, dalla corsa di Pepe e dai guizzi di Giaccherini, pedine importanti a sostegno di un attacco nel quale il montenegrino Vucinic si è meritato i galloni da titolare grazie alle sue qualità tecniche e al suo modo di giocare per la squadra. Accanto a lui, a turno, i vari Matri, Quagliarella, Borriello e il capitano Del Piero, che ha accettato la panchina come pochi altri sanno fare.

 

Il tutto, condito da un Pirlo formato deluxe: il regista bresciano ha guidato la manovra con calma, sapienza, classe, costituendo la vera arma in più della Juve e scucendo il tricolore dalla maglietta della squadra, il Milan, che un anno fa l’aveva lasciato partire con troppa facilità.

 

Insomma, un gruppo con pochi campionissimi ma con tanti buoni giocatori: in Italia, al momento, basta e avanza. La Juve, poi, ha capitalizzato al massimo due vantaggi di non poco conto. Uno, il nuovo stadio, lo sarà per lungo, lunghissimo tempo. L’altro, la possibilità di preparare al meglio le partite di campionato per via della mancata partecipazione alle coppe europee, resterà un caso più unico che raro, ma ai tifosi bianconeri va benissimo così.

 

In tutto questo, però, resta un po’ d’amarezza nel constatare che la sportività, nel nostro calcio, rappresenta ormai una specie in via d’estinzione, quando si perde e anche quando si vince. Perché continuare a sostenere che la Juve di scudetti ne ha vinti 30, e non 28 come da albo d’oro ufficiale, significa non rispettare le sentenze (definitive) della giustizia sportiva, non aver imparato dagli errori di Calciopoli e, in qualche modo, riabilitare la memoria di una Juve che vinceva in maniera illegale.

 

Nessuna vittoria sul campo, infatti, può rimanere tale se favorita da accertati comportamenti antisportivi. Sbagliata, semmai, è l’assegnazione del titolo 2006 all’Inter, non certo la revoca dei due scudetti alla Juve. Ma quando si smetterà di parlarne, forse, sarà già tempo di un’altra Calciopoli.

 

 

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