Il vento della mia terra
Sono nata a Porto Alegre, ma ho trascorso gli anni dell’infanzia sino alla conclusione delle superiori a Gravataì . Di quegli anni, più che le ore trascorse sui banchi di scuola, Adriana Martins ricorda le galoppate a briglia sciolta su puledri appena domati nelle praterie della serra gaùcha. Era una sorta di rito di iniziazione dei ragazzi, che sanciva la loro appartenenza al popolo dei gaùchos, con cui sono solite designarsi le persone nate o residenti nel Rio Grande do Sul, lo Stato più meridionale del Brasile. Adriana trascorreva un’esistenza serena, in una terra giovane e ricca di promesse per il futuro. La mia famiglia era modesta, mio padre era operaio e mia madre si occupava di me e della mia sorellina. Ma con fatica e sacrifici ci avevano procurato una casa spaziosa, sempre piena di amici. La sua, come tante, non era una famiglia praticante. Credevo, certamente, nell’esistenza di Dio, ma mai mi ero chiesta che rapporto lui avesse con me. Rammenta piccoli episodi. Il giorno della prima comunione ho avvertito in me, profondamente, una grande felicità . Un altro momento, aveva dodici anni. Sono nella mia cameretta. Dalla finestra spalancata, posso ammirare il sole che, tramontando, sparisce all’orizzonte mandando dei fasci luminosi che colorano d’oro le nuvole. Resto sgomenta da tanta bellezza gratuita. Il mio sguardo si posa sulla coroncina bianca che è appesa sulla parete. Mi pare di notarla per la prima volta. Guardo il piccolo crocifisso, lo prendo tra le mani: Ma, allora, tu ci sei, Gesù! Tu…. Lui, insomma, ha fatto capolino in modo leggero, delicato, senza forzare la mia volontà, proprio come il vento della mia terra, alla cui brezza io facevo volare gli aquiloni. Sono attimi, che però restano come piccoli punti luminosi, segreti. Vorrebbe fare qualcosa, ma non riesce a decifrare questi sentimenti nuovi. Una compagna le propone di frequentare il gruppo giovanile della parrocchia: sarà, quella, un’altra tappa importante. Intanto, finite le superiori, Adriana trova lavoro come cassiera in un supermercato. Si fidanza. Un giorno, lei e i suoi amici della parrocchia sono invitati a Porto Alegre per conoscere altri giovani, appartenenti ad un movimento cattolico, i Focolari. Ed è così che, frequentandoli, la ragazza scopre la concretezza dell’amore cristiano. Soprattutto, mi rendo conto che è possibile praticarlo nelle mille circostanze della vita quotidiana: posso aiutare di più in casa, dare a mia sorella un capo di abbigliamento che le piace… Posso, non devo. Qualcosa è cambiato in lei, anche se non se ne accorge. Se ne accorge, invece, sua madre, che ha visto sparire dall’armadio di sua figlia alcuni vestiti. Ha notato che il suo abbigliamento è diventato più sobrio, anche se, lo ammette, ci guadagna, e di molto, in stile. Tutto liscio, allora? Non direi proprio. La crisi è avvenuta durante un incontro di giovani provenienti da tutto il Brasile. C’erano ragazzi e ragazze, alcuni fidanzati. E frequentandoli, mi colpiva la trasparenza, la limpidezza del loro rapporto, in un’epoca, come la nostra, in cui tutto sembra permesso. Penso: e ora, come farò col mio ragazzo? Gli voglio troppo bene: non sono disposta a perderlo. Pur non conoscendola di persona, Adriana scrive a Chiara Lubich una lettera, in cui le confida gli opposti sentimenti che si rincorrono nel suo animo. Mi giunge la sua risposta: Tu hai visto una grande luce – mi scrive – e allo stesso tempo hai paura per quanto Dio ti possa domandare. Ma tu ricordati che lui ti ama e vuole vederti soltanto felice e realizzata. Solo col tempo, avrei compreso la portata di quelle parole. Vuoi sapere come è finita, o meglio, come è iniziata la mia avventura? Poco dopo vengo a sapere sul conto di quel ragazzo fatti molto gravi, che mi hanno indotto a lasciarlo. Poi ho capito una cosa importante: che la mia strada era un’altra: donare tutta la mia vita perché tutti siano uno. Cambio di scena, carcere romano di Regina Coeli. Le artiste del Gen Verde sono state invitate per uno spettacolo, e grande è la loro trepidazione. Ho modo così, durante i preparativi, di conoscere meglio Adriana, una delle ultime arrivate. Un piccolo palco è collocato nella rotonda, circondata da alte mura. La luce è quasi trattenuta dalle grate dei finestroni. Nel silenzio quasi surreale, sentiamo solo le porte che si aprono cigolando, per poi richiudersi. Una cinquantina di sedie vuote davanti al palco aspettano che tutto sia pronto. Alla fine, scortati, entrano gli spettatori. Canti, danze, parole inusuali di perdono e di pace, vibrano tra quelle pareti. Vedo Adriana chinarsi, quasi inginocchiarsi, per ascoltare meglio cosa le sta dicendo uno degli spettatori. Cosa si saranno detti Adriana e quel detenuto?