Il Vaticano e Raffaello
Al via l’anno raffaellesco con una rassegna piccola ma che ha dello straordinario, aperta lo scorso 7 febbraio.
Perugia e il Vaticano si sono alleati e così la Pala dei Decemviri, tavola di Pietro Perugino, conservata in Vaticano, risplende ben pulita in una sala della Pinacoteca con la cimasa del Cristo morto e la cornice lignea dorata, dapprima conservata nei depositi della Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia.
Perugino maestro di Raffaello? Così dice la tradizione, ma il rapporto fra i due, del maestro celebre “divin pittore” e del giovane genio, è da approfondire. Anche se gli influssi di Pietro su Raffaello sono innegabili.
La tavola perugina, in Vaticano da quando Canova la fece rientrare in Italia dal Louvre – dove le truppe napoleoniche l’avevano portata da Perugia – faceva parte di un grande complesso, sul modello delle pale di Piero della Francesca a Perugia, Antonello da Messina a Venezia, e di Giovanni Bellini a Pesaro. Solenni, monumentali, di armonia compatta. Saranno modelli per autori come Francesco Francia e lo stesso Raffaello nella Pala Baglioni (oggi divisa tra vari musei). Commissionata al Perugino negli anni Settanta del ‘400 ma eseguita solo nel 1495 – Pietro ammucchiava i contratti ma era pigro nell’osservarli quando non gli conveniva – la tavola raffigura la Madonna col bambino in trono e quattro santi ai lati, sotto una loggia classica e l’immancabile cielo azzurro sul fondo.
È un momento di grazia nell’arte di Pietro, simile per bellezza alla Deposizione di Firenze, con una calma che sarà di Raffaello, un mirabile equilibrio di luce, di colori ricchi e teneri. Il pittore si firmerà sul piedistallo del trono “Petrus de Chastro Plebis”, cioè Pietro di Città della Pieve, orgogliosamente.
La pala recentemente ha viaggiato. Dapprima dal Vaticano a Perugia, dove è stata ricomposta con la cimasa e la cornice nella cappella dei Priori, secondo l’antica collocazione. Ora, ricomposta, è tornata in Vaticano per un lungo periodo, susciterà ammirazione e studi. Ammirazione, prima di tutto. Il lavoro lascia estasiati. È il Perugino al suo meglio, una armonia di sentimenti e di pace che ha la dolcezza di un infinito senza rumore. Una Sacra Conversazione di anime più che di corpi, innamorate. Raffaello imparerà molto. Ora ci godiamo l’evento e la pala ricomposta, primo atto di quella che si annuncia, anche per il Vaticano, una grande stagione raffaellesca.