Il Vangelo del disabile
Qualcosa di straordinario è accaduto stamattina, mentre il papa sulla sua papamobile attraversava piazza san Pietro per salutare la folla. All’improvviso ha visto una persona disabile sostenuta dai suoi amici. Ha fatto fermare la papamobile, è sceso, lo ha accarezzato, lo ha baciato, lo ha benedetto. Ed è ripartito.
Un gesto di discesa di fronte a chi è ferito nel corpo e nella vita. Ci viene subito alla mente l’incontro di Francesco con il lebbroso, che segna la sua uscita dalla mondanità e il suo scendere nel Vangelo. Ci viene in mente il Vangelo, dove Gesù si sottomette all'autorità dei poveri, dei malati, oggi si direbbe dei disabili: i ciechi, i paralitici, gli storpi, gli zoppi che Gesù costantemente guarisce. Il mistero della sua incarnazione è un mistero di discesa nell'umanità sofferente.
In qualche caso qualcuno porta chi vive su una lettiga, perché possa incontrare il Signore e lo stesso Gesù dice: «Per la loro fede, per la fede di chi ti ha portato, tu vieni guarito». Qualcuno ha portato questa persona disabile in piazza san Pietro. E papa Francesco lo ha riconosciuto e amato in mezzo a una folla traboccante, molto simile alle folle di Gesù. Per questo in un attimo è sceso davanti a lui e lui è diventato il volto del Cristo crocifisso davanti alla Chiesa e al mondo.
Prima delle autorità, prima dei potenti, il papa è sceso davanti a questa persona malata e ferita, perché nel più piccolo dei fratelli si pone il segno dell’amore crocifisso di Dio. Papa Francesco ha parlato della Chiesa povera e per i poveri. Tutto questo è diventato epifania e rivelazione con lo scendere dalla vettura, colpito da quello sguardo gioioso, deposto in quel corpo ferito, a rivelare un cuore mendicante di amore.
Stamani al papa sono stati consegnati il pallio e l’anello del pescatore come simboli del suo potere. Ma in realtà è stato questo disabile a sigillare il ministero di papa Francesco con lo scandalo dell’amore e della pace a caro prezzo. La luce dei poveri ha avvolto san Pietro, le autorità sono passate in secondo ordine: l’ultimo è divenuto primo e il disabile è divenuto Vangelo vivente, il Vangelo di Dio.
L’incontro del papa con questo disabile è divenuto parola di Dio, quando nella parte finale della sua omelia ha detto: «Non dimentichiamo che il vero potere è il servizio e che anche il papa, per esercitare il potere, deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla croce»; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe, e come lui aprire le braccia per custodire tutto il popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezza l’intera umanità, specie i più poveri, i più deboli, i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: «Chi ha fame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in carcere» (cfr. Mt 25,31-46).
Il Vangelo dell’incontro con il disabile diventa l’icona di papa Francesco. Nessuno nella messa di inizio di pontificato aveva compiuto un gesto così semplice ed evangelico, capace di illuminare in modo straordinario il mistero di Dio. Aspettavamo un programma, un discorso. Abbiamo accolto il gesto di papa Francesco che viene dal Vangelo e al Vangelo ritorna. È più di un programma, è più di un discorso. È il Vangelo che si fa fraternità con i più piccoli. Con papa Giovanni potremmo dire: «Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio».
In piazza san Pietro quell’abbraccio e quel bacio di papa Francesco sono diventati annuncio di Cristo crocifisso, forma della Chiesa, misura del discepolato dei credenti.