Il Vangelo come parametro
«Non sopporto quel comportamento per cui, all’atto di presentarsi, figure imprenditoriali o politiche esordiscono con ‘buongiorno, sono cattolico’: e cc’amma fa’, rispondo io…». È solo una delle inequivocabili efficacissime espressioni con cui mons. Nunzio Galantino, segretario della Conferenza episcopale italiana, ha concluso di fatto al Teatro Nuovo di Verona i lavori del quinto Festival della Dottrina sociale della Chiesa, svoltosi nella città veneta dal 26 al 29 novembre scorso. Sollecitato dalle domande dei giornalisti Lucio Fontana, direttore del Corriere della sera, ed Emilio Carelli, di Sky tg24, sulla “Chiesa e la realtà italiana”, Galantino si è espresso con la consueta dialettica chiara circa la presenza dei cattolici nella società, nell’industria e nella politica.
Il «fastidio nei confronti di tutti quei politici che tengono subito a precisare di essere cattolici» vuole essere un richiamo a quelle tentazioni di interessato lobbismo che rischiano di allontanare dall’essenzialità della chiamata alla vita evangelicamente ispirata, negli stili e nei toni. Il segretario traccia in proposito una netta differenza tra «quei cattolici validissimi impegnati in politica e quelli che si dichiarano tali ma lavorano solo per spolverare lo scranno a palazzo Madama. Non sono al servizio delle persone, ma se ne servono», tuona precisando poi come. «La Chiesa sbaglia, in buona fede, quando si interpreta come un potere accanto a un altro potere; anche se per fini straordinariamente positivi».
Rispetto ad una non meglio motivata ricerca condotta dal Corriere della sera secondo cui, nella gerarchia vaticana, solo il 20% condividerebbe la politica di papa Francesco, Galantino ricorda come alla richiesta di documentare eventuali fonti in grado di corroborare questa allarmante tesi non abbia ricevuto risposta. «In ogni caso, se anche questa tesi avesse un fondamento, andrei a cercare ad uno ad uno tutti quei vescovi contrari. Non a caso il papa – rammenta il segretario della Cei – ha chiesto che al Sinodo parlassero tutti dicendo quello che pensavano. Ditemi in quale istituzione succede che il capo chieda a tutti questo tipo di sincerità. È naturale che emergano poi posizioni di discussione».
E a proposito di posizioni, «Papa Francesco – ha aggiunto – non sta proponendo un cambiamento che si può interpretare solo con parametri sociologici o antropologici: il suo unico parametro è il Vangelo. Mi preoccuperei se un sacerdote o un vescovo, dopo il primo anche comprensibile smarrimento, continuasse a dire no alle parole di papa Francesco: ci sta dicendo solo Vangelo», precisa Galantino, che invita ad un esercizio chiarificatore: «Quando sentiamo dire che le parole del papa sarebbero comuniste, anticapitaliste, chiediamoci se sono vicine al Vangelo o no, piuttosto che a qualche ideologia. Quello che mi colpisce del papa è il suo continuo richiamo al Vangelo».
Circa invece i documenti vaticani riservati, pubblicati in due libri a proposito del quale è in svolgimento il processo passato alla cronache come Vatileaks, Galantino ha parlato di «libertà di prurito, più che di informazione. Chi ha pubblicato questi due libri cosa ha scritto? Di suo, non granché, se non unendo fatti tra loro separati, limitandosi a pubblicare una ricerca effettuata dagli stessi incaricati di papa Francesco». Qualcuno, ammonisce il segretario, «disonestamente, ha tradito la fiducia del papa mettendo questa documentazione informatica a disposizione dei giornalisti. Pagando? Non lo so, sono fatti loro. Dicono che lo hanno fatto per il bene? Io credo invece che, se uno ha immondizia in casa, la differenzia e la ricicla: non la sparge per la casa di nuovo! Ben venga quello che è successo se può portare alla luce fatti negativi, ma voglio dire che, se hanno scritto due libri contro l'8 per mille, io posso scriverne 222, di libri, sulle provvidenziali e trasparenti destinazioni dell’8 per mille».
Per una sintesi finale dei lavori, dopo mons. Galantino è stato mons. Adriano Vincenzi, presidente della Fondazione Toniolo e coordinatore del Festival a prendere la parola: «La comunione che abbiamo vissuto a Verona rispetto al messaggio di papa Francesco è un segno di totale e spontanea sintonia, non di semplice adeguamento a una linea: non a caso per il terzo anno il festival si concentra sull’‘Evangelii Gaudium’ che Francesco ha citato a Firenze tracciando un’agenda per la Chiesa italiana», ha esordito.
La prima parola citata in conclusione da Vincenzi è “bellezza”: «Abbiamo vissuto un'esperienza spirituale di fraternità goduta dove, nonostante i limiti umani di noi tutti, qualcosa di bello si percepisce perché si stabiliscono rapporti in profondità. Auguro a chi opera nel sociale di non abbruttirsi, perché opera, ma di restare bello: se lavoriamo dentro le cose tenendo salda la nostra attenzione alla dimensione umana, i problemi non ci toglieranno mai serenità».
La seconda è “essenzialità”: «Parliamo meno e facciamo di più. Sentiamo spesso troppo retorica e discorsi grandi per cose piccole. Grandi gioie e grandi dolori inducono invece sempre al silenzio: occorre dare spazio ai fatti ed essere semplici. Non c'è bisogno di vendere fumo, perché chi fa cose grandi parla poco e chi fa poco parla molto. L'essenzialità tocca il cuore: di quanti abbiano toccato il cuore, tra chi è passato? Se è stato toccato, date continuità».
La terza è “passione”: «Facciamo ciò che nessuno ci ha comandato di fare. Non aderiamo a strutture ma siamo semplicemente attratti dalla chiamata a prenderci cura dei territori e delle loro persone. Poiché siamo liberi, diventiamo capaci di operare attraverso azioni autentiche, non generate da regole ma dall’attenzione a chi abbiamo davanti. Nella libertà del Vangelo c’è la chiave per la continuità e la molla per questa passione: torniamo nei nostri territori allora belli, essenziali e con una forza interiore che nessuno può fermare».