Il valore di un simbolo

Verso il ricorso del governo italiano alla Corte europea dei diritti dell’uomo sulla presenza dei crocifissi nelle scuole italiane.
Crocifisso S. Damiano

E’ una delle battaglie che in questo momento sta più a cuore ai vescovi italiani. E’ il ricorso presentato dal governo italiano alla Corte europea dei diritti dell’uomo e fissato per il 30 giugno prossimo. Oggetto del ricorso: il riesame del pronunciamento che la Corte di Strasburgo fece sul caso della presenza dei crocifissi nelle scuole italiane.

 

Per capire o ricordare meglio la questione, occorre fare un passo indietro. Era il 3 novembre dello scorso anno quando la Corte di Strasburgo stabilì che la presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituiva “una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni” e una violazione alla «libertà di religione degli alunni”. Era stata una cittadina italiana originaria della Finlandia a fare ricorso alla Corte: nel 2002 chiese all’istituto comprensivo statale Vittorino da Feltre di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocefissi dalle aule in nome del principio di laicità dello Stato. Dalla direzione della scuola arrivò risposta negativa e a nulla valsero i suoi ricorsi. Nel 2007 la signora si rivolse ai giudici di Strasburgo che le hanno dato ragione.

 

La sentenza di Strasburgo provocò una reazione unanime da parte di vari esponenti della Chiesa cattolica in Europa. Scese in campo addirittura il Patriarcato di Mosca a difesa della presenza dei simboli religiosi anche nei luoghi pubblici. Poi in marzo l’annuncio che la Corte europea aveva accettato il ricorso del governo italiano.

 

Perchè tanto interesse attorno a questa questione. Lo spiega una dichiarazione pubblicata il 16 giugno dalla presidenza della Conferenza episcopale italiana in vista dell’imminente riesame della Corte di Strasburgo della sentenza. “La presenza dei simboli religiosi e in particolare della croce – scrivono i vescovi – non si traduce in un’imposizione e non ha valore di esclusione”. Esprime piuttosto “una tradizione che tutti conoscono e riconoscono nel suo alto valore spirituale”. La presenza poi di un simbolo religioso come la Croce anche in una società laica è “segno di un’identità aperta al dialogo con ogni uomo di buona volontà, di sostegno a favore dei bisognosi e dei sofferenti, senza distinzione di fede, etnia o nazionalità”. Emerge quindi il desiderio della Chiesa di prensentarsi aperta ovunque al dialogo con le altre Chiese cristiane e religioni e di agire per il bene comne.

 

Sulla questione sono scesi in campo in questi giorni anche altri episcopati europei a sostegno della Chiesa italiana. I vescovi dell’Albania sottolineano l’importanza dell’esposizione pubblica del crocifisso soprattutto “nei luoghi dove si formano le menti ed i cuori” dei bambini manifestando la certezza che questi simboli “non sono di ostacolo”, ma di “stimolo per una crescita completa dell’identità e dei valori delle nuove generazioni”. Lo stesso hanno fatto i vescovi della Grecia secondo i quali la proibizione della presenza dei simboli religiosi soprattutto nelle aule scolastiche potrebbe significare “una negazione del patrimonio religioso e culturale di un Paese”.

 

Il dibattitto è – come aveva previsto papa Benedetto XVI – segno di un momento storico in cui emerge sempre più chiaramente la necessità di una nuova riflessione sul vero significato e sull’importanza della laicità. Parlando due anni fa nel “tempio” della laicità francese, e cioè al presidente della Repubblica Sarkozy nella sede dell’Eliseo, Benedetto XVI disse che se da una parte era fondamentale insistere sulla distinzione tra l’ambito politico e quello religioso, altrettanto essenziale era “prendere una più chiara coscienza della funzione insostituibile della religione per la formazione delle coscienze e del contributo che essa può apportare, insieme ad altre istanze, alla creazione di un consenso etico di fondo nella società”. La speranza è che il dibattitto che si è aperto con il ricorso alla Corte di Strasburgo possa far emergere il valore aperto e dialogante della presenza cristiana nei paesi della laica Europa.

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