Il V dell’Inferno

Solo Benigni poteva tentare l’impresa. Solo lui alla fine poteva vincerla. Mettere insieme il riso e il pianto, pronunciare le parole più sboccate e quelle che sanno d’infinito, essere guitto prima e cantore di santità dopo, sparare battutacce da trivio per poi, sulle tracce di Dante, arrampicarsi su, sempre più in alto, fino al vertice della poesia, alla contemplazione dell’Assoluto. I suoi detrattori diranno che la prima parte, volgare fino all’eccesso, fosse un modo per accalappiare spettatori; c’è pure chi dirà che le parolacce a raffica del premio Oscar aretino non sono diverse da quelle che infarciscono i cine-panettoni tanto criticati; c’è infine chi ne contesterà il pendere politicamente a sinistra. In quei frangenti Benigni torna il toscanaccio sanguigno delle origini, quello che prima la dice grossa e poi fa una carezza alla sua vittima. E così facendo mostra di non voler disconoscere il suo passato, dichiara di essere sempre lui, quello che andrebbe sommerso di bip, e quell’altro venuto dopo, l’artista capace ne La vita è bella di far piangere il mondo raccontando un pezzo di Paradiso dentro l’inferno dei lager o che si dedica a cantare terzine immortali. Con questo espediente sembra però anche farci ripercorrere il percorso fatto già da Dante. Ci fa ridere fino alle lacrime facendoci attraversare le fiamme di un’Italia volgare, per poi condurci alla commozione di un amore inestinguibile. Allo stesso tempo, parlando alla pancia prima e allo spirito poi, Benigni ci ricorda che siamo fatti di sudore e di ideali, di corpo e anima, che non c’è l’uno senza l’altro; che senza passioni, senza sentirsi vivi, non potremo mai arrivare a scoprire il segreto del nostro essere uomini. Comunque la si giudichi, la lettura della Divina Commedia fatta dal toscano è l’evento televisivo degli ultimi anni, e la prima puntata, la proposta del Quinto canto dell’Inferno, una cosa che in Italia non si era mai vista in prima serata. Benigni scava, va sempre più in fondo fino a estrarre da quella miniera di tesori che è il testo dantesco gemme rare. Mai si era sentita in pieno primetime tv una così travolgente ed emozionante descrizione della Annunciazione; mai un racconto così vibrante della pagina evangelica della donna che cerca la salvezza toccando un lembo del mantello di Gesù; mai una così appassionata spiegazione della pietas cristiana e dell’amore che a nullo amato, amar perdona, paradigma della reciprocità; mai un così potente inno alla vita, alla poesia, all’italico genio, così come Benigni è stato in grado di fare.

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