Il trionfo dell’amore all’Opera di Roma
Lo ricordiamo al Romaeuropa Festival, nella suggestiva cornice dei Giardini del Museo degli strumenti musicali, luogo doppiamente evocativo dove ambientare il gioco dei due amanti di “Le Parc”. Oggi, a distanza di oltre 20 anni, il balletto del coreografo franco-albanese Angelin Preljocaj torna a incantarci in tutta la sua bellezza senza tempo, sul palcoscenico del Teatro dell’Opera di Roma.
Artefice dell’evento la direttrice del Corpo di ballo capitolino Eleonora Abbagnato che torna anche in scena da protagonista accanto al collega dell’Opéra de Paris Stéphane Bullion. Tra i maggiori protagonisti della “nouvelle danse” iniziata negli anni ’80, una generazione di autori che ha segnato la danza contemporanea non solo d’Oltralpe, Preljocaj creò “Le Parc” su commissione per l’istituzione parigina nel 1994, marcando una nuova apertura nel tempio del balletto classico con la contaminazione della sua grammatica astratta che corroborava la purezza della tecnica accademica.
In “Le Parc” lo sfondo musicale più adatto a una storia non raccontata, dove tutta l’azione è una grande schermaglia amorosa, sono degli estratti dai concerti di Mozart. Diviso in 3 parti e ambientato in un parco postmoderno di legno e lamiera, con siepi piramidali, colonne e alberi stilizzati e un fondale di cielo e nubi, il balletto si svolge su due piani: uno simbolico e l’altro evocativo-realistico; uno contemporaneo, l’altro antico, per lo meno nei costumi, senza tempo nei sentimenti, negli inseguimenti della seduzione.
Nell’evolversi della passione sino allo sfinimento totale, si pensa ad alcune pagine delle “Relazioni pericolose” di Choderlos de Laclos, ma soprattutto alla “Carte du Tendre”, base d’ispirazione per Preljocaj, nella quale Madeleine de Scudéry descrive la mappa della tenerezza per arrivare al cuore dell’amato, dopo, però, un percorso di scaramucce, rincorse, negazioni, per sondare la sincerità del sentimento. Ad avviare la folla di amanti – inizialmente con una girandola di sedie dove ci si scruta vicendevolmente e ci si esibisce –, farli scontrare, perdere e incontrare, sono 4 giardinieri-Cupidi, che compaiono all’inizio e tra una fase e l’altra del percorso amoroso. Sono i custodi del parco, con occhiali da saldatore e grembiuli di cuoio, che si muovono roboticamente su sonorità astratte di rumori, voci, echi di natura. In abiti settecenteschi, gli uomini indossano corsetti e calzoni, parrucche con codini; le donne crinoline vaporose e cappelli di paglia. Poi, nel gioco che li possiede, nel rincorrersi dei “4 cantoni” e della “mosca cieca”, il disegno coreografico, mai troppo descrittivo ma sempre sfiorante l’astrazione in voli di chiara matrice accademica, vira verso un’altra strada: le donne restano in sottoveste, a piedi scalzi; gli uomini si liberano anch’essi di qualcosa, soprattutto del ritegno.
E allora il gioco si trasforma. Ci si concede e ci si nega, ci si abbandona ai sensi, anche alla tenerezza, la temperie dell’atmosfera si accende, cresce, sale per, infine, placarsi, fino a quel lunghissimo bacio tra il libertino e la dama mentre volteggiano roteando, che sembra non finire mai. È la sequenza coreografica, di puro stile neoclassico, più alta e poetica. La gestualità d’amore diventa metafora, traslazione di qualcos’altro. Preljocaj elabora il suo vocabolario ardito fatto di piccoli gesti secchi, di salti improvvisi, di giri duri, di movimenti in ralenti, trasformandolo di continuo con grande sapienza coreografica e finezza. Un lessico che mette a non facile prova i danzatori. Prova che i giardinieri, Alessio Rezza,Marco Marangio,Antonello Mastrangelo eMassimiliano Rizzo, superano brillantemente, con padronanza, bella energia e volontà, e tutto il corpo di ballo. Ma è la coppia di protagonisti, a cui il coreografo assegna 3 originali pas de deux, a brillare: Eleonora Abbagnato, fredda, trepidante e sensuale quanto occorreva, e Stéphane Bullion, artista eccellente, sensibile e appassionato partner.
“Le Parc”, coreografia Angelin Preljocaj ripresa da Noémie Perlov e Laurent Hilaire, musica di Wolfgang Amadeus Mozart, creazione sonora Goran Vejvoda, direttore David Garforth, scene Thierry Leproust, costumi Hervé Pierre, luci Jacques Chatelet. Orchestra, solisti e Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera, allestimento del Teatro alla Scala di Milano. Al Teatro dell’Opera di Roma fino all’11 maggio.