Il triangolo rosso di Giuseppe Girotti

Il 26 aprile è stato beatificato il sacerdote e martire domenicano, morto nel lager di Dachau il 1° aprile 1945. Vi era entrato come prigioniero politico per l'impegno in favore degli ebrei perseguitati
Veduta della città di Alba

È giusto che in questi giorni l’attenzione sia polarizzata sull’eccezionale evento della canonizzazione di due papi, così amati, così popolari. Ma sarebbe anche giusto accendere i fari su un altro evento accaduto il 26 aprile, proprio il giorno prima del riconoscimento della santità di Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII.

Si tratta della beatificazione del domenicano Giuseppe Girotti, sacerdote e martire, morto a Dachau il 1° aprile 1945, nel giorno della Pasqua di risurrezione. Padre Girotti nacque ad Alba il 19 luglio 1905, tra quelle colline delle Langhe pregiate sì per il vino, ma ai suoi tempi – con Pavese, Fenoglio e Don Natale Bussi – pregiate anche per la letteratura, per la poesia e la teologia.

Giuseppe era un tipo sveglio, un leader, che amava guidare i compagni nei giochi, ma che sentiva anche una irrefrenabile, insondabile attrazione verso Dio: s’accorgeva spesso, mentre giocava, di rimanere a fissare il campanile della chiesa, sentiva che lì sotto pulsava un cuore vivo che lo chiamava. Divenne domenicano. Divenne un valente biblista, anche grazie a un fruttuoso periodo di studio trascorso a Gerusalemme. Quando spiegava la Bibbia diceva spesso ai suoi ragazzi: «Ricordate che questa è sì Parola di Dio, ma anche parola dell’uomo».

Questo atteggiamento gli procurò, per quei tempi, qualche grattacapo: divenuto professore di Sacra Scrittura, ricevette anche una sospensione dall’insegnamento per motivi disciplinari. Allora si riteneva che la Bibbia andasse presa alla lettera anche su argomenti che erano di competenza della scienza. Afferma un suo ex-allievo: «Padre Girotti seppe anticipare i tempi. Il Concilio Vaticano II gli avrebbe dato ragione con il documento Dei Verbum che riprende il suo pensiero dopo più di 20 anni».

Poi scoppiò la guerra, la Seconda mondiale, scatenata dalla devastante follia nazista. E l’Europa andò a fuoco. Padre Girotti a quel tempo insegnava in corso Ferrucci a Torino, dai Missionari della Consolata. L’amore cristiano, aiutato dalla costante frequentazione della Bibbia, lo portò a sostenere in particolar modo i figli e le figlie di Israele che vivevano accanto a lui. Cominciò a costruire una rete di contatti per salvare gli ebrei e dopo l’8 settembre del 1943 si diede da fare con ancor maggior determinazione. Era rischioso. E il rischio divenne dura realtà. Per colpa di un delatore venne arrestato dalla Gestapo nell’agosto del 1944. Iniziò la sua via crucis di cui le stazioni furono: le Carceri Nuove di Torino, San Vittore a Milano, il carcere a Bolzano. L’ultima tappa fu il lager di Dachau. Sulla sua casacca da prigioniero c’era il triangolo rosso, quello che indicava i prigionieri politici.

A Dachau, in quell’inverno dell’anima, dove il gelo della disumanità era più agghiacciante del gelo della temperatura dentro e fuori delle baracche, lui continuava a condurre una vita esemplare, pregando per gli amici e per i suoi aguzzini. Quando poteva scriveva, ma dei suoi scritti è rimasto molto poco. Diceva ai suoi compagni di prigionia stremati dalla fame e dal freddo: «Dobbiamo prepararci a morire, ma serenamente, con le lampade accese e la letizia dei santi». Il tifo si accanì sul suo corpo stremato e lo ridusse a poco più d’un scheletro. Lo portarono nell’infermeria, dalla quale, ben lo sapeva, non si usciva vivi. Di lui ci è rimasta l’omelia che pronunciò nella cappella improvvisata allestita da circa tremila detenuti nella baracca 26 dai detenuti. L’omelia è in latino. In essa Padre Girotti parla dell’unità dei cristiani. E proprio questo suo scritto, a mo’ di testamento spirituale, è stato letto integralmente ad Alba, il giorno della sua beatificazione.

Nel 1995 lo Yad Vashem lo proclamò “giusto tra le nazioni”: a suo nome è piantato un albero nel viale del memoriale di Gerusalemme, il riconoscimento dello Stato di Israele a chi si è prodigato a favore degli ebrei durante la Shoah. Ora la Chiesa lo eleva all’onore degli altari. Vogliamo ricordare e prendere a esempio la sua fedeltà a Dio. E anche il triangolo rosso, emblema del coraggio che lo spinse fino al martirio. E soprattutto, il suo amore per la Bibbia. Paul Claudel diceva: «I cattolici hanno una stima immensa della Bibbia e ne stanno il più lontano che possono». Lui invece, padre Giuseppe Girotti, se l’è tenuta sempre vicino la Bibbia, di essa era imbevuto il suo cuore.

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