Il tocco di Blechacz
Classe 1985, Rafal Blechacz è ormai un protagonista del pianismo internazionale. Il tocco morbido, soffice lo caratterizzava sin dall’inizio, in particolare quando affrontava il connazionale Chopin. Con il quale continua a mantenere una affinità che non è solo musicale ma spirituale davvero stupefacente. Nel concerto tenuto ieri sera all’Accademia Nazionale Santa Cecilia in Roma, dove viene ogni anno dal 2010, ha esordito con Bach (Quattro Duetti BWW 802-805) – un canto leggero e lirico nel contrappunto “fugato” -, passando poi al Beethoven del Rondò in sol maggiore (un divertimento luminoso) e alla Sonata in do magg. op. 51 n.2, che il pianista ora affronta con un senso del dramma nuovo, passionale, impetuoso di fronte al musicista “ciclopico”.
Ed è nel sentimento drammatico acquisito la novità del pianismo attuale di Blechacz. Chopin, sia nella Fantasia in fa minore come nel Notturno op. 48 n. 2, è liquido, evanescente a volte, perché il tocco del pianista evoca suggestioni liriche ed atmosfere d’anima con un senso della dinamica – pianissimi come respiri e fortissimi come ire – intelligentemente ricercato, studiato, capito. Quando affronta la Sonata n.2 in si bem. magg. op. 35 il Grave del primo tempo è una lotta formidabile contro il destino avverso, si risolleva vorticosa nello Scherzo e poi si apre – ed è come un nuovo sipario – sul Lento della celebre Marcia funebre.
Il tocco è delicatissimo, dolorante e dignitoso come i rintocchi delle note ribattute, con un lamento appena percepibile. Questo dolore tende a slargarsi e poi ad alzarsi nella larga melodia elegiaca che porta un soffio di luce nel sentimento della morte così presente. Difficile per chi non lo ascolti dal vivo descrivere l’anima di Chopin che Blechacz qui rivela, anzi passa in lui e da lui a noi. Nessuna incisione lo potrebbe ripetere. Siamo nella rivelazione di un universo interiore, un momento magico che rivela la grandezza e la maturità di un interprete. Il quale, alla fine, non può che concedere bis ad un pubblico affamato di bellezza e, soprattutto, di purezza. È quest’ultima la cifra peculiare del tocco e del suono di Blechacz. Tale da renderlo capace di “suonare” Chopin con Chopin accanto, poeta del cuore e del dramma.