Il Tiziano mai visto
L’hanno già detto. Non viaggerà più. Troppo delicata, dopo 14 anni di restauro. Perciò andare a Venezia a vederla è non solo un piacere ma un dovere per chi ama l’arte, e in particolare Tiziano.
Stiamo parlando della “Fuga in Egitto”, arrivata dall’Ermitage all’Accademia veneziana. Opera giovanile, posta accanto a lavori di Giorgione, Sebastiano, Giambellino e Lotto, cioè ai grandi maestri – e concorrenti – del Cadorino. In quegli anni intorno al 1510 in cui Venezia apre la strada alla grande pittura di paesaggio europeo. Da cui partiranno lombardi e bolognesi, fiamminghi e francesi per arrivare all’impressionismo.
La “Fuga” più che una fuga è una passeggiata idilliaca attraverso una natura di forre, colline, prati e animali. Sembra che il gruppo man mano che passa faccia fiorire o rifiorire il creato. Echi della dolcezza giorgionesca e dell’incanto belliniano sono indubbi, il giovane Tiziano non lo nasconde. Solo che la sua pennellata ha un calore, una forza da rendere vibrante l’ambiente virgiliano anche nei sassolini, nei tronchi e nel cielo più estivo che primaverile, come piace tanto a Tiziano. Impareranno da questo tocco morbido e denso schiere di artisti, Bassano e Veronese per primi, ma anche Savoldo e Romanino, Previtali e Cariani.
La tela è vasta (206 cm. X 336), e si distende come un grande “largo” musicale in cui il gruppo della Madre che pare dormire col bambino o cullarlo in cima all’asino diffonde un’aura di sogno, di quiete nel paesaggio circostante, con quei colori assolati e intensi tipici del giovane Tiziano.
Ancora una volta sorprende l’arte di un maestro che in anni durissimi di guerra e di morte li scavalca di colpo, proponendo una visione serena e speranzosa: la natura è sempre bella e rigogliosa, perché un gruppo sacro la percorre e col suo passaggio le dà quiete, come si nota nei gruppi di pastori, nei cavalieri, nel fuggire dei colli lontani ad accordarsi con le nuvole del cielo.
È una visione di armonia pari a quella che in quegli anni trasmettono Raffaello e Leonardo, ma che Tiziano carica di una robustezza e di una fede nella vita che rinasce, ed è la sua vera personalità.
Vale la pena fermarsi a contemplare questo passaggio della pace dentro la natura e confrontarla con le opere degli altri maestri: ci si accorgerà che il tono è simile, che l’atmosfera spirituale è la medesima, ma anche che l’energia tizianesca ha la capacità di dar sugo alle cose, di renderle con il colore e la luce pregni di vita, altrettante pagine vive.
“Il Tiziano mai visto. La fuga in Egitto e la grande pittura veneta”. Venezia, Accademia. Fino al 2/12 (catalogo Marsilio)