Il testo Cirinnà sulle unioni civili. Una riflessione

Continua l'approfondimento dell'avvocato Barbaro sui diritti e sulle tutele delle coppie che chiedono una parificazione pari al matrimonio in alcune discipline regolamentate dal codice civile e che nel disegno di legge della senatrice del Partito democratico presentano lacune serie.
coppia omo

Continuiamo la rifelssione sulle unioni civili con uno specifico approfondimento della proposta di testo base della relatrice senatrice Cirinnà, su cui non si può che esprimere un giudizio fortemente negativo, anche tenuto conto che altri disegni di legge all’esame della Commissione sono molto più equilibrati e corrispondenti sia al dettato costituzionale sia alle reali esigenze delle relazioni affettive che si accinge a disciplinare. Questi disegni di legge prospettano soluzioni molto distanti – quando non addirittura opposte – da quelle del testo base, che non può essere condiviso o adottato quale ‘sintesi’ di partenza.

 

La proposta di testo base presenta infatti, profili di illegittimità costituzionale perché di fatto introduce il matrimonio tra persone dello stesso sesso equiparando in più disposizioni le unioni tra persone dello stesso sesso alla famiglia fondata sul matrimonio (v. ad es. art. 2, comma 1; art. 3; art. 4, comma 2; art. 5, art. 7, comma 1, art. 12 etc.).

Già solo tale piena equiparazione deve comportare la reiezione del testo base della relatrice per manifesta incostituzionalità e la predisposizione di un nuovo testo per il prosieguo del dibattito parlamentare.

 

Il testo sembra inoltre introdurre forme di simil-matrimonio molto leggere e mutevoli. Ciò pare più evidente nel caso in cui si intendano approvare discipline differenziate per le unioni tra persone di sesso diverso e per quelle tra persone dello stesso sesso: verrebbero così introdotti nell’ordinamento matrimoni di serie a, b, c, etc.

 

Non è condivisibile la scelta di disciplinare diversamente le coppie formate da persone dello stesso sesso e quelle formate da persone di sesso diverso, nel presupposto che solo le prime non siano tutelate dall’ordinamento giuridico, mentre per le seconde c’è la possibilità di contrarre matrimonio. A prescindere dalla libertà di scelta di ciascun cittadino di sposarsi, secondo la legge nazionale vigente, ciò che è richiesto dal Parlamento è una disciplina delle relazioni affettive non matrimoniali. Tali relazioni coinvolgono sia coppie di persone dello stesso sesso sia di sesso diverso, mentre una regolamentazione che riguardi solo le prime risulterebbe discriminante per via del’ orientamento sessuale. Peraltro, le unioni tra persone di sesso diverso rimarrebbero comunque non tutelate.

 

Altro profilo di dubbia legittimità concerne lo scioglimento dell’unione, che come proposto assume rilievo di diritto pubblico, per atto unilaterale privato (art. 6, comma 1 e art. 18 correlato all’art. 14, comma 2): non sembrano ravvisarsi nell’ordinamento giuridico altri casi di atti pubblici che possano essere annullati o che cessino di essere validi ed efficaci per atto unilaterale privato. È evidente che un atto pubblico può essere annullato solo con l’intervento di un pubblico ufficiale, adeguata istruttoria e contraddittorio tra le parti. Il comma è in ogni caso assolutamente lacunoso in merito allo scioglimento unilaterale.

Va segnalato inoltre che la proposta di testo base all’art. 18, comma 3 cita un comma 3 dell’art. 13 che non è presente nell’articolato.

Il testo presenta anche altri profili molto discutibili che attengono alla regolazione dei diritti soggettivi delle persone, ed è gravemente lacunoso sotto il profilo della tutela delle parti deboli, siano esse i conviventi o i figli.

 

Ad esempio in materia di successioni (artt. 4 e 14): si prevede che la parte di un patto di convivenza è in tutto equiparata – nonostante le citate pronunce di segno opposto della Consulta – a quella di coniuge per quanto riguarda la successione legittima. Ma, come già illustrato in precedenza, non è regolamentato il caso di compresenza di legittimari derivante da un precedente matrimonio e da un’unione di fatto: l’attuale sistema delle successioni non disciplina eventuali conflitti tra più legittimari di pari grado né possono essere individuate soluzioni per analogia, essendo un sistema volto a tutelare la famiglia e la sua stabilità economica.

È appena il caso di segnalare che nonostante tali lacune si prefigura addirittura una deroga alla disciplina delle successioni all’art. 14, comma 4, punto 4).

 

Viene poi introdotto l’obbligo di versare gli alimenti al convivente che non possa provvedere alle proprie necessità, visto il richiamo al titolo VI, capo V del Codice civile contenuto nell’art. 6, comma 2, e visti gli artt. 13 e 14, comma 4, punto 5). Anche in questo caso è evidente che potrebbe esistere un altro/a avente diritto, in caso di precedente matrimonio di una delle parti del patto, ma il testo non risolve la questione della divisione degli alimenti tra ex coniuge ed ex convivente, non potendosi comunque far riferimento alle soluzioni adottate in caso di compresenza di più ex coniugi. Pare poi ingiustificato e comunque discriminatorio verso altre forme di unione il riferimento alla durata della convivenza contenuto negli artt. 11 e 13 comma 2.

Circa le questioni di salute di una delle parti dell’unione civile o della convivenza (artt. 10 e 16, comma 2 e 3) si ritiene necessario specificare che quelle di cui trattasi non attengono al cosiddetto  fine vita  che non è ancora oggetto di disciplina nell’ordinamento giuridico.

 

Una ulteriore grave lacuna riguarda infine la questione dell’adozione di minori, che invece è da ritenersi necessaria soprattutto alla luce delle inconsuete soluzioni individuate da alcuni Tribunali particolarmente creativi. Nonostante i citati rilievi sia di ordine costituzionale sia di merito, non si contesta che i diritti soggettivi di ciascun individuo, indipendentemente dal proprio status familiare, debbano avere un riconoscimento. Diversa è però la disciplina di alcuni diritti peculiari della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna che non possono essere estesi alle convivenze.

 

Ben venga dunque una puntuale regolamentazione delle unioni di fatto, purché siano tenuti presenti e rispettati alcuni presupposti fondamentali: effettiva distinzione e diversità di disciplina tra famiglia fondata sul matrimonio e unioni di fatto; esclusione dell’estensione di alcuni diritti tipici dell’istituto familiare alle unioni di fatto; piena tutela delle parti deboli.

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