Il tesoro dimenticato

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Vi capita mai d’essere stanchi, bambini? Forse sì, magari dopo avere fatto una lunghisssssima corsa. Anche gli adulti a volte sono stanchi. Io ne conosco uno, il signor Bertrando, che ha suppergiù cinquant’anni, pensate, mezzo secolo! E mezzo secolo incomincia a pesare. Per questo il signor Bertrando è stanco: della sua vita e del suo lavoro. Per capire la sua storia dobbiamo fare un passo indietro, siete pronti a entrare con me nella Macchina del Tempo? Bene, eccoci qua, in Sudafrica. È estate e quel giovanotto laggiù, capelli neri e barbetta a punta, è il signor Bertrando trent’anni fa. Sta firmando un pezzo di carta che poi porge a un abitante del luogo. I due si danno la mano e se ne vanno. Torniamo ai giorni nostri perché questi viaggi nella Macchina del Tempo sono costosissimi. Oggi, eccolo lì, il signor Bertrando, chino sul disco che serve per effettuare quell’operazione delicatissima che è il taglio di un diamante. Già, non ve l’ho ancora detto: il signor Bertrando è intagliatore di preziosi. Ora si chiede: Quanti diamanti saranno passati tra le mie mani in tutti questi anni? Così tanti che ne ho perso il conto. E non ho mai potuto dire di uno solo: è mio!. Questa sera, tornato a casa dal lavoro, la moglie lo accoglie festosa. Sventola un foglio ingiallito dal tempo e girandogli intorno come una trottola, ripete con piccoli strilli acuti: – Bertrando! Non ci posso credere!!! – Ti prego, Leonia, non ti agitare così che mi fai girare la testa! Sono stanco morto. (Quando uno è stanco, la gente che non è stanca gli dà fastidio. Che sia invidia?) Stanco o non stanco, la signora Leonia non dà tregua al marito. Lo trascina sul divano e porgendogli il foglio domanda: – Oh Bertrando, ma è proprio vero? – Vero che cosa? – Che siamo ricchi! – Perché, abbiamo vinto a qualche lotteria? – No, caro, perché tu possiedi una miniera! – Una miniera, io? – Sì, tesoro, è scritto qui. – La mia miniera in Sudafrica! – esclama il signor Bertrando, battendosi la fronte divertito, dopo avere guardato il foglio. – Perché ridi? Non sarà per caso una miniera di carbone, eh? – No, no. Una miniera di diamanti. – Di diamanti?! E lo dici così, come se niente fosse? Bertrando, io mi sento svenire! – Calma, Leonia, lascia che ti spieghi. Io comperai quel terreno solo perché il cuore mi diceva che celava una miniera di diamanti. Fu un fatto istintivo, frutto dell’entusiasmo giovanile. Me l’aggiudicai per poco o niente… forse proprio perché non c’era niente! Da giovani è facile fare dei colpi di testa. Per fortuna, con gli anni, ho dimenticato. Non parliamone più. – A proposito di colpi di testa, anch’io da giovane ne ho fatto uno, Bertrando: ho sposato te, contro il parere di genitori e parenti. E non me ne sono pentita. Ho fatto proprio un buon acquisto – dice la signora Leonia stampando un bacio sulla nuca del marito, là dove un po’ di calvizie la mette a nudo. – Su, tesoro, sii ragionevole – dice il signor Bertrando, raddolcito -. Non pretenderai che io parta per il Sudafrica, che lasci il mio lavoro, che è qualcosa di certo, per imbarcarmi in un’impresa incerta. A cinquant’anni, poi! Una lacrima fa capolino tra le ciglia della signora Leonia: i sogni che ha coltivato tutto il pomeriggio sono svaniti, come una bolla di sapone. Ora l’asciuga in fretta, perché in salotto è entrata Amandina, la nipotina di quattro anni che corre a rannicchiarsi tra le braccia del nonno: – Nonnino, durante il riposino, ti ho sognato! Stavi davanti a un grande buco scavato nella terra e c’era tanta luce intorno e anche tu, nonno, sembravi fatto di luce, eri bellissimo! Il signor Bertando stringe a sé la nipotina, commosso, mentre la signora Leonia lascia che lacrime di gioia scorrano liberamente lungo il suo viso. Sì, ci tornerà in Sudafrica, Bertrando. Contento come uno che ritrova un grande tesoro.

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