Il tesoro di Renata
Loppiano, 18 dicembre 2003. C’è una grande animazione, oggi, nella cittadella. I preparativi fervono, e tradiscono l’emozione, la gioia, per ciò che sta per avvenire, e che tocca personalmente ciascuno degli abitanti che la compongono. Nel pomeriggio, ci sarà il via al processo diocesano di beatificazione e canonizzazione di una persona che ha condiviso la loro vita. Grande è anche la sorpresa: nessuno di loro avrebbe mai immaginato di poter partecipare ad un evento così speciale della vita della chiesa, e che esso riguardi proprio la loro Renata. Si tratta di Renata Borlone, che dal 1967 sino alla sua morte, avvenuta il 27 febbraio 1990, è stata responsabile della formazione spirituale delle future focolarine, e corresponsabile della cittadella, allora agli inizi, che ora porta il suo nome. Qui costante e viva è la sua presenza in coloro che l’hanno conosciuta, o che vengono a conoscenza della sua vita. Così anch’io la ricordo. Di lei rammento poche, ma incisive parole, intervallate da lunghi silenzi, quasi per non invadere lo spazio interiore di chi le sta davanti, per dargli il tempo, e la gioia, di scoprire lui stesso il filo d’oro del proprio agire. Ero già a Loppiano da un anno, quando lei giunse nella cittadella. Era un rapporto speciale, quello che si viveva con lei, in cui l’ideale conosciuto, abbracciato, si faceva concretezza di vita. In lei la vita del vangelo senza se e senza ma era esperienza quotidiana, che ci spronava alla scoperta di quel qualcosa in più da donare, che d’improvviso era diventato superfluo. Così, sembrandomi che due giovani asiatiche, appena arrivate, non avessero un abbigliamento adatto per affrontare la stagione invernale, misi a disposizione i miei indumenti più caldi, assieme ad un paio di scarponcini da neve non ancora usati. L’autunno intanto avanzava, mentre i mocassini che calzavo diventavano sempre più” leggeri. Una mattina, appena sveglia – era l’8 dicembre – guardando dalle finestra vidi Loppiano tutta ammantata da un soffice strato di neve. Scendendo nella hall, mi sentii chiamare: Sai, stanotte è arrivato dalla Svizzera uno scatolone pieno di scarpe, e Renata ha pensato a te. La focolarina mi mostrò degli scarponcini corrispondenti al mio numero, di buon cuoio e per di più foderati con una pelliccia corta e morbida come seta. Mai ne avevo posseduto un paio simile! Quel pensiero di Renata mi fece sperimentare l’amore di un Padre che… conosce perfino il numero delle tue scarpe. Una certezza che non mi ha più abbandonato, anche nei momenti difficili. E questo lo devo a lei. Più di mille ragazze si sono avvicendate a Loppiano in ventitré anni, nutrite da una sapienza che poi è rimasta stile di vita, per crescere spiritualmente, ed affrontare, negli anni successivi, quelle prove che non mancano mai nella vita di nessuno. Il suo primo incontro con Chiara Lubich avvenne a Roma, nella primavera del 1949, e subito avvertì con la fondatrice, che aveva allora meno di trent’anni, dieci più di lei, un legame strettissimo, vitale, da figlia a madre, insieme alla conferma chiarissima di aver ricevuto una chiamata. Iniziò così la sua lunga esperienza di donazione nel focolare. Dapprima a Roma, poi a Trento, Sassari, Parma, Trapani. Quindi a Grenoble: un periodo breve, ma sufficiente per lasciare un’impronta duratura grazie alla sua capacità di andare incontro ai più soli ed emarginati. Poi eccola a Milano: saranno anni ricchissimi, a contatto con tutti i problemi della grande città. E infine, a Loppiano, a profondere i tesori enormi di un amore senza confini. È stato lo stesso vescovo di Fiesole, mons. Giovannetti, nella cui diocesi si trova Loppiano, a volere che l’atto dell’insediamento del tribunale diocesano si svolgesse proprio nella cittadella, alla presenza dei suoi abitanti, dei parenti di Renata e dei molti amici e conoscenti convenuti per l’occasione. In mille, forse più, ci ritroviamo dunque nel grande salone San Benedetto, alle 18 precise. Le varie fasi dell’apertura del processo sono precedute da una veglia di preghiera. Una cerimonia semplice e solenne, che fa pregustare il Natale vicino. Segue la lettura del libello (la richiesta rivolta al vescovo di promuovere la causa), il giuramento dei componenti la commissione diocesana e della postulatrice, in un’atmosfera di raccoglimento e di viva partecipazione. Il vescovo, nella sua omelia, dopo aver ricordato il suo ultimo incontro con Renata, sottolinea la grandezza singolare di questa persona tutta afferrata dall’amore per Gesù. È per la nostra diocesi una fortuna che Renata abbia trascorso a Loppiano l’ultimo tratto della sua vita. Come è una bella coincidenza che l’iter della sua canonizzazione abbia inizio proprio nel 60° anniversario della nascita del movimento. Il suo percorso interiore meglio si comprende alla luce del carisma dell’unità, sulle tracce del sì di Maria dall’Annunciazione ai piedi della croce . Perciò, raccomanda agli abitanti di proseguire sulla scia del suo esempio, perché questa sia, continui ad essere una città di santi. Con la postulatrice, Lida Ciccarelli, delineiamo le tappe della vita di Renata, scoprendone ancora una volta il tesoro di un amore incondizionato. Passiamo poi a chiarire le motivazioni che hanno spinto a promuovere la causa. Innanzitutto – spiega – la fama di santità, riconosciuta negli ultimi anni della sua vita, che dopo la sua morte ha continuato a diffondersi lentamente ma sicuramente. Viene proposto, quindi, un modello di santità moderna, in sintonia con quanto la chiesa oggi propone: Essa viene in evidenza soprattutto dopo che nella lettera apostolica Novo Millennio ineunte del 6 gennaio 2001 il Santo Padre ha additato a tutti i cristiani la meta della santità, indicando come via maestra la cosiddetta spiritualità di comunione. Ora, è precisamente questa strada che Renata ha perseguito, facendo proprio il carisma dell’unità del Movimento dei focolari, che porta all’unione con Dio attraverso l’amore al fratello. La stessa Chiara Lubich, a più riprese, ha parlato della sua fisionomia spirituale, indicandola come una stella di prima grandezza per la sua totale corrispondenza al carisma dell’unità. L’esperienza spirituale di Renata appare dunque di grande attualità. Un’esperienza che con tale evento viene consegnata al tribunale ecclesiastico perché – a Dio piacendo – diventi patrimonio di tutti. DIOCESI DI FIESOLE IL BANDO Figli dilettissimi, lieti nel Signore vi comunichiamo che nella cittadella di Loppiano (Incisa Valdarno), giovedì 18 dicembre 2003 alle ore 18.00, durante le preghiere di attesa della solennità del Natale, verrà introdotta la causa di canonizzazione della serva di Dio Renata Borlone (1930-1990), consacrata laica nel Movimento dei focolari e responsabile della cittadella di Loppiano dal 1967 fino al 27 febbraio 1990, quando ha raggiunto la casa del Padre. Conformemente alla legge canonica, tutti coloro che hanno conosciuto da vicino la serva di Dio sono chiamati in coscienza a comunicare al vescovo e alla curia diocesana di Fiesole tutto ciò di cui sono a conoscenza in relazione a tale causa. Ordiniamo inoltre a quanti possedessero degli scritti della predetta serva di Dio di presentarli quanto prima alla curia fiesolana per essere fotocopiati e autenticati. Coloro, infine, che avessero beneficato di particolari grazie e favori celesti per intercessione della stessa Renata Borlone, sono obbligati a informare la postulatrice della causa: dottoressa Lida Ciccarelli, cittadella di Loppiano (Movimento dei focolari), Via San Vito, 28 – 50064 Incisa Valdarno (FI) – tel. 055 8335094 – 055 8335047, oppure la curia diocesana di Fiesole, piazzetta della Cattedrale l, 50014 Fiesole. Dato a Fiesole il 23 novembre 2003, solennità di Cristo Re Il vescovo Luciano Giovannetti Il cancelliere mons. Otello Tordi IL REGALO Negli anni Ottanta, Loppiano si è trovata ad accogliere alcuni giovani con problemi di droga; Renata ha svolto un ruolo molto importante di aiuto e di sostegno. Sandro era venuto per 15 giorni, che si sono poi trasformati, ad oggi, in 20 anni. Sposato, con due figlie, lavora in un’azienda di Loppiano. Da ragazzo, con alcuni dei miei amici, mi sono trovato anch’io, purtroppo, nel giro della droga. Per nove anni. Finché, dopo l’ennesimo tentativo di disintossicazione, grazie a una famiglia dei Focolari, la mia vita ha cambiato radicalmente direzione. Dai due iniziali che eravamo siamo arrivati a sette, otto, e tutti avevamo fatto esperienza di droga, furti, carcere… insomma, un po’ di malavita assortita. Alcuni sono riusciti a venirne fuori, altri sono anche morti. Abitavamo in un appartamentino vicino a un focolare e Renata ci ha fatto il regalo, più di una volta, di venire a cena da noi, mettendosi subito alla nostra portata. Ricordo che, nonostante le poche parole scambiateci, non c’è stato mai un momento di imbarazzo, di silenzio, di quelli da riempire per forza, per convenienza. Sapeva farsi piccola e tu potevi esprimerti fino in fondo. Ho sempre sentito che potevo contare su di lei, che avrei potuto dirle tutto di me, come ad una sorella, come ad una mamma. Ciò che mi toccava profondamente era il suo sguardo: quando incrociava i miei occhi, anche se era insieme ad altre persone, era tutta per me, si illuminava ed era raggiante. Questi incontri, questa presenza forte di Renata è stata determinante per me in questo cammino che non era semplice e necessitava di una grande volontà. Quando era ormai agli ultimi giorni, le ho scritto una lettera. Ho saputo che la teneva sul comodino perché voleva rispondermi però poi non ce l’ha fatta. Ma è come se mi avesse risposto. Ho trovato la forza di ricominciare una vita nuova e, a mia volta, aiutare altri ragazzi e ragazze che avevano fatto la mia stessa esperienza. Sandro B.