Il terzo partito che decide la vittoria elettorale
La visita lampo negli Usa da parte di Giorgia Meloni negli Usa, lo scorso 5 gennaio, per incontrare Donald Trump ha reso evidente l’esistenza di una sorta di internazionale di destra. La stessa che frequenta il raduno annuale della Conservative Political Action Conference dove il punto di riferimento è il neo eletto presidente statunitense che entrerà ufficialmente nella Casa bianca il prossimo 20 gennaio.
Appare molto difficile, invece, la situazione dei “cattolici democratici” che una vera e propria rete mondiale ben strutturata non l’hanno mai avuta. Dopo l’implosione della Dc, nel nostro Paese è attualmente Forza Italia il riferimento dei popolari europei che esprimono un polo conservatore segnato dalla presenza rilevante della Cdu tedesca.
Come si è visto, infatti, la nuova Commissione europea guidata sempre da Ursula von Der Leyen ha operato degli accordi pragmatici in tema di politica ambientale e delle migrazioni con il gruppo dei conservatori europei dove si collocano i rappresentanti di Fratelli d’Italia.
La diaspora dei popolari
Il termine “cattolici democratici” è riferibile invece a quella parte degli ex Dc che in un primo tempo, nel difficile biennio 1994-1995, hanno cercato di proseguire come forza politica autonoma riprendendo il nome del Partito Popolare, quello cioè fondato a Roma nel 1919 proprio per esprimere una linea diversa da quella dei cosiddetti clerico moderati legati agli accordi elettorali con i partiti liberali.
La vicenda dei popolari degli anni ‘90, che non erano solo esponenti della sinistra Dc, è stata breve, finendo nel 2002 per confluire nel gruppo de La Margherita per poi far parte, come fondatori, del Partito Democratico nel 2007.
Esiste ad ogni modo l’associazione “I Popolari” che esprime quell’area politica ed è presieduta da Pierluigi Castagnetti, ultimo segretario del Ppi.
Il portale C3Dem, che non è espressione di tale associazione, è una finestra aggiornata della vivacità di questa tradizione culturale, così come altri siti web lo sono di una sinistra politica che fatica a trovare casa.
Come dimostra il diffuso assenteismo alle urne, che ha superato il 50% degli elettori, esiste, oltre ad una sfiducia verso la politica, una tendenza crescente a non accettare il rimedio di votare il meno peggio, o il meno lontano dalla propria sensibilità e opinione. La coalizione tra forze diverse è obbligata da una legge elettorale disegnata per far competere due soli poli tra loro.
In base alla tesi più diffusa, in tale sistema sarebbe decisivo nelle elezioni attirare quella fascia di votanti che si colloca al “centro” dei due poli, con la conseguente necessità di tagliare le posizioni più estreme nei programmi.
La necessità di un messaggio chiaro
Ma esiste una diversa lettura che merita di essere conosciuta ed è citata da Marco D’Eramo, autore di penetranti saggi sulla società contemporanea. Si tratta di quella esplicitata da Karl Rove, consigliere dell’ex presidente George W. Bush, secondo il quale nei sistemi bipolari si formano, di fatto, tre partiti: oltre ai due che si contendono la vittoria c’è quello degli astenuti, convinti dell’inutilità del loro voto ma che possono cambiare idea in caso di messaggi politici espliciti e chiari proprio perché estremi.
Trump ha vinto, infatti, esprimendo tesi e linguaggi non politically correct. Non solo cavalcando i temi sensibili cari alle correnti evangelicali, molto forti in quel Paese, ma anche l’estremismo del capitalismo anarchico e beffardo incarnato da Elon Musk.
In Italia, il successo elettorale dei 5Stelle prima maniera, e ora quello di FdI, sembrano rispondere a questa logica che chiede messaggi chiari, anche duri, ad un elettorato altrimenti assenteista, ma che fa la differenza quando decide di entrare in gioco.
In poco tempo il partito della Meloni, infatti, è giunto al 30% dei voti espressi, partendo da un’iniziale 3%, capitalizzando l’opposizione solitaria al governo di unità nazionale di Mario Draghi, del quale ha mantenuto, comunque, il programma di politica estera.
Tra le critiche ricorrenti del Pd c’è quella di aver perso la propria identità. Lo storico Luciano Canfora la descrive come vera e propria metamorfosi e cita una frase di uno storico leader della Dc, Amintore Fanfani, che parlava di «rivolta contro la civiltà capitalistica in nome di un’idea di dignità e di giustizia umana», per far capire come tali concetti ormai siano lontanissimi dai vertici di un partito tecnocratico di stampo liberal liberista.
Allo stesso tempo, gli unici “valori non negoziabili” nell’ambito del centro sinistra sembrano essere quelli in tema di bioetica, declinati in maniera simile a quella dei radicali italiani. Cioè una visione antitetica a quella della centralità della persona che dovrebbe orientare i cattolici democratici.
Quale comunità democratica?
È in tale problematico contesto che si possono leggere le ricorrenti avvisaglie della rinascita di un partito di ispirazione cristiana in grado di esprimere una visione organicamente coerente. Ma non sembra certo questa l’intenzione, ad esempio, dell’invito alla riunione di “Comunità democratica” convocata a Milano il 18 gennaio, dal senatore dem Graziano Delrio, punto di riferimento, con Castagnetti, dell’associazione “I Popolari”.
Una riunione, aperta ad interventi di intellettuali ed esponenti della società civile, che appare finalizzata a far contare di più la componente cattolico democratica all’interno del Pd dove attualmente è sottorappresentata.
A prescindere da ogni questione strategica, c’è da chiedersi quale sia la reale consistenza di quest’area culturale nella società italiana del 2025. Quali sono i suoi messaggi forti e comprensibili per un elettorato disilluso?
Sulla questione straziante delle guerre in corso, e quindi sulla linea di politica estera, esistono, ad esempio, posizioni diverse tra gli stessi parlamentari che saranno presenti a Milano il 18 gennaio: la vedono in maniera opposta l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini e il deputato Paolo Ciani che, tra l’altro, è segretario di un ancora piccolo partito di ispirazione cristiana (Democrazia solidale), alleato ma distinto dal Pd. Allineato con Ciani è il presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia, che è stato tra i maggiori sostenitori di Marco Tarquinio, eletto parlamentare europeo del Pd nel gruppo dei socialisti e democratici.
Una pluralità di posizioni divergenti su temi centrali era ovvia all’interno della DC, ma l’unità tra le varie correnti di quel partito era obbligata dalla necessità di fare fronte comune contro il Pci, il più grande partito comunista in Occidente.
Oggi, in un contesto del tutto differente, è necessario, per attrarre consensi, avere una forte chiarezza su alcuni punti programmatici, oltre al richiamo enfatico ad alcuni valori. Deve, ad esempio, essere credibile il messaggio di voler combattere la privatizzazione della sanità pubblica e di non essere parte del sistema. Oppure, quale è la linea politica estera compatibile con la visione di Giorgio La Pira indicato come esempio da seguire nei documenti ufficiali della Cei?
Un movimento inquieto
Sulle questioni sociali e ambientali non è un esempio di “moderazione”, intesa come compromesso, l’insegnamento di papa Francesco che è un termine di paragone per chi quella visione del mondo intende declinare laicamente in politica.
Una spinta perenne che si associa a quel “principio di inappagamento” verso qualsiasi ordine storicamente attuato che muove l’azione politica dei cristiani secondo una celebre definizione di Aldo Moro.
A prescindere dall’esito dell’incontro milanese del 18 gennaio sarà, quindi, importante verificare i contenuti programmatici della “comunità democratica” che, sulla stampa, viene tuttavia associata alla contemporanea assemblea dell’associazione Libertà Eguale, in programma il 18 e 19 gennaio ad Orvieto. Una strana accoppiata perché tale associazione esprime, invece, una già definita, omogenea e concorde cultura politica riformista e liberale, oltre ad una chiara adesione alla linea atlantista (prevalente) del Pd sulla guerra in Ucraina.
Non è, quindi, la dichiarata ispirazione cristiana ad essere la base di unità partitica, di un geometrico centro che contiene di tutto, ma la sua declinazione concreta. Ad esempio, la Cisl sotto la guida di Luigi Sbarra ha assunto sempre di più posizioni concordi con il governo Meloni, mentre le Acli, presiedute da Manfredonia nel segno del laburismo cristiano, condividono molti percorsi con la Cgil di Maurizio Landini.
La stessa crescita di FdI si basa sulla ricerca di radici culturali che non siano riconducibili solo al Msi, e non sono pochi gli ex Dc eletti nelle liste di destra.
A partire da questo stato di cose, si muove la rete degli amministratori locali di formazione cristiana nata nel luglio 2024 a Trieste durante la Settimana sociale dei cattolici in Italia su iniziativa di Francesco Russo, già parlamentare del Pd e ora consigliere regionale in FVG, per collegare consiglieri e assessori di partiti diversi. Si legga l’intervista a Russo pubblicata su cittanuova.it. Tale rete si riunirà in assemblea nazionale a febbraio 2025 senza alcuna intenzione, vista la sua trasversalità, di essere la base di un nuovo partito o di una corrente all’interno di partiti esistenti.
Una palestra di dialogo che non potrà non evidenziare, comunque, visioni diverse di gestione del territorio, salvaguardia dell’ambiente, cementificazione, accoglienza dei migranti, per fare qualche esempio.
In politica contano le scelte concrete e reali al di là delle astratte formule geometriche.
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