Il tempo dell’integrazione

Tempus fugit del coreografo Sidi Larbi Cherkaoui con Les Ballets C. de la B., mescola in maniera straordinaria danza recitazione e canto. Brani di area mediterranea, ritmi africani, musiche sufi, nenie di muezzin, graffi hip hop e melodie da Bollywood: una babele musicale che riflette il desiderio di integrazione fra i popoli. È, infatti, una piéce contro le differenze multietniche, un dirompente crocevia di razze, fra digressioni filosofiche e sequenze ironiche. Ci parla della percezione del Tempo come sentimento personale e collettivo, diverso per ogni cultura. Tempo come ricordo di attimi perduti, di momenti presenti, di possibilità future. Sulla scena si staglia una foresta di pertiche con chiome argentate: alberi genealogici, parco giochi o sbarre di prigioni? I danzatori-attori vi si arrampicano, vi sostano, scivolano a testa in giù, strisciano per terra fino ad un rigagnolo sul proscenio. Da qui un accumulo di sequenze straordinarie (ma uno sfoltimento gioverebbe) con momenti narrativi ed altri più astratti. A susseguirsi sono i vari passaggi dell’esistenza di un’umanità composita. Impegnati, all’inizio, come bambini, a giocare nel cortile di una scuola i quattordici interpreti trasformandosi in adulti cominciano a guardare le differenze delle persone. C’è un poliziotto che controlla la libertà e lo spazio degli altri; ci sono donne islamiche e rockstar, ironie sulla globalizzazione e sul terrorismo. Cadono foglie, si aprono ombrelli con la bandiera dell’Europa e un altro con l’arcobaleno della pace. Si intona un canto comune. E nascono i diverbi. Emergono le oppressioni, le discriminazioni, le ribellioni. Una scena sfuma dentro l’altra. E con movimenti a ritroso si torna indietro a ripercorrere di nuovo, ognuno e insieme, la propria storia, in un puzzle di intrecci e radici comuni.Al di là del tempo. G.D. Al Romaeuropa Festival

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