Il tempo dei buoni propositi
Difficile resistere al fascino dei primi giorni dell’anno, a quello che lasciano presagire, alle promesse di novità e di cambiamento.
Difficile resistere al fascino dei primi giorni dell’anno, a quello che lasciano presagire, alle promesse di novità e di cambiamento. Impossibile resistere in questi giorni a fare buoni propositi. Mi metterò a dieta, troverò più tempo per stare con i miei figli, leggerò tutto Dostoevskij, sistemerò le foto dell’estate, cercherò un’associazione dove impegnare il mio tempo libero, andrò a vedere Praga.
Il tempo ci appare illimitato e generoso, e questa insperata apertura che si rinnova ogni anno ci spinge a migliorare noi stessi, le nostre abitudini, le nostre relazioni con gli altri. L’atmosfera di un nuovo inizio, dove «tutto è possibile, proprio perché il “tempo nuovo” è appena cominciato e nulla è ancora accaduto», come scrive lo psicologo Claudio Risè, è la più propizia per darsi nuovi obiettivi. Come avviene nella natura dove si predispongono i lavori di ripulitura e di preparazione dei campi e dei boschi per renderli adatti ad una nuova stagione di raccolti, così accade all’uomo.
Ma durante l’anno la nostra vita sarà sottoposta a stagioni imprevedibili e i buoni propositi avranno una vita complicata. Se no, come spiegheremmo il divario sempre esistente tra quello che vorremmo fare e quello che finiamo col fare per davvero? Filosofi, psicologi ed economisti da tempo ci mettono in allerta.
Contro i nostri buoni propositi si attiva, con la tempestività di un anticorpo, l’attitudine dell’uomo a procrastinare (parola difficile che tutti pratichiamo), a rimandare a domani le cose che potremmo fare oggi, a temporeggiare. Mi piacerebbe leggere I fratelli Karamazov di Dostoevskij, ma lo farò un’altra volta, stasera sono stanco, leggerò Moccia. Le liste dei nostri desideri sono piene di libri che non leggeremo, di film che non vedremo, di persone che non incontreremo. Non perché non desideriamo ardentemente farlo, ma perché quando scegliamo nel tempo breve ci è più facile ripiegare su opzioni leggere e meno impegnative.
Il nostro rapporto con i buoni propositi è a tal punto difficile che, come scrive il giornalista americano James Surowiecki, «spesso rimandiamo qualcosa non per dedicarci ad attività piacevoli, ma a qualcosa che ci affascina per il semplice motivo che non è quello che dovremmo fare».
Allora affiliamo le armi, osserviamoci con un po’ di ironia mentre con banali scuse rimandiamo piccole azioni, diamoci obbiettivi possibili, portiamo a compimento quello che iniziamo. Se, quando ci viene in mente qualcuno gli scriviamo un pensiero, gli facciamo una telefonata o bussiamo alla sua porta, abbiamo già vinto.
Buon anno.