Il suicidio dell’artista
«Come mai molti artisti sono arrivati a compiere gesti tremendi come il suicidio?».
Claudio - Urbino
L’artista è colui che spesso vive in modo simbiotico con la natura e i drammi dell’esistenza, insieme alla grande capacità di penetrare la luce e la purezza della bellezza e della verità delle cose.
Questa genialità deve però fare i conti con l’incomprensione e i giudizi delle persone e della realtà sociale, che spesso non è in grado di interpretare i tratti della sensibilità straordinaria presente nell’artista.
Il fatto è che questi giudizi sono errati, perché, il più delle volte, l’artista è colui che è in grado di cogliere le vere profondità dell’animo umano e dell’esistenza, soffrendo per il fatto che quello che lui vede e coglie non viene compreso o addirittura viene bistrattato dalla gente. Vorrei citare come esempio un grande artista: Vincent Van Gogh che viveva spesso in modo simbiotico con la natura.
Egli non fu il cantore della bellezza della natura.
Invece scoprì e raffigurò nelle sue opere che la natura ha un’anima, e che quest’anima può essere spesso invidiosa, meschina, cattiva, tragica.
Scrive Giordano Bruno Guerri: «Non sono belli gli iris di Van Gogh, con le foglie che somigliano a un serpente. A una spada, gli steli arroganti, la bocca viola che grida la rabbia di un fiore che voleva essere velenoso».
Vincent ha orrore di sé e di ogni forma di vita. Pochi mesi prima di uccidersi scrive: «Dopo una vita virile di ricerche, di lotta corpo a corpo con la natura, voglio morire».
Si uccide quando capisce che anche lui è come una radice. Nella drammaticità della vita di Van Gogh, si intravede la sete d’amore di un artista che non era stato capito né amato. Eppure, nel suo secolo romantico, ha dischiuso gli occhi verso la miseria e i poveri.
Insieme al dramma dell’esistenza, nei suoi quadri traspare la com-passione verso la gente ultima. E non è amore questo?