Il sovversivo erede
Quando lo sguardo registico è ficcante, la mano ingegnosa, la mente innovativa pur nel rispetto della tradizione, allora anche una commedia poco rappresentata come Io, l’erede di Eduardo De Filippo, ritenuta minore, ritrova tutta la sua bellezza e forza. Merito di Francesco Saponaro, la cui regia ha fatto scoprire un testo di conturbante attualità mettendo in luce una scrittura densa di rimandi al teatro eduardiano futuro, e resa espressivamente con omaggi a Scarpetta.
L’avvocato Amedeo Selciano è riunito con la sua famiglia, da sempre impegnata in opere di beneficenza, per commemorare l’appena estinto Prospero Ribera, che per 37 anni è stato ospite fisso in quella ricca casa, grazie alla generosità del vecchio Selciano. L’arrivo improvviso del bizzarro e sovversivo figlio di Prospero, Ludovico – una sorta di “angelo sterminatore” – giunto a reclamare per sé il posto del padre, destabilizza l’equilibrio della famiglia della quale smaschererà il “buonismo” ipocrita, e «quel barbaro desiderio di possesso che l’uomo ha verso gli altri uomini». Impaginata dentro un’atmosfera sospesa, la versione in castigliano, Yo, el heredero, operata da Saponaro, ha sortito uno spettacolo intrigante, di tragicomica desolazione, che evidenzia, in scena, l’intenso lavoro svolto con attori spagnoli di grande bravura. In primis il protagonista Ernesto Alterio.
Al Napoli Teatro Festival Italia.