Il sonno del bambino

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Il nostro primo e unico figlio ha oramai tredici mesi, ma non ricordiamo di aver più dormito una notte intera da quando è nato. Ancora oggi si sveglia numerose volte e se non viene preso in braccio è capace di piangere per un tempo infinito. Siamo esasperati. Lo stesso rapporto tra noi due ne sta risentendo, mentre abbiamo accantonato l’idea di avere un altro bambino, terrorizzati dal timore di ripetere un’analoga esperienza. Vorremo consigli pratici su cosa fare. Manuela e Federico Sondrio Il sonno dei bambini, almeno fino al terzo anno di vita, è diverso da quello degli adulti, con intervalli di veglia ogni trequattro ore. In effetti anche l’adulto che crede di dormire settotto ore di seguito ha duetre risvegli notturni, ma di essi non si accorge più. Inoltre il neonato non fa coincidere il sonno con la notte perché non ha ancora completato lo sviluppo della ghiandola pineale, situata nel cervello, che modula il ritmo sonnoveglia sulla base della presenza o meno della luce. Ciò che fa la differenza tra un bimbo che dorme tutta la notte ed uno che ha scambiato la notte per il giorno è la capacità di riaddormentarsi facilmente, e da solo, quando avrà brevi risvegli. In ciò il ruolo del genitore è decisivo. Cerchiamo di spiegare perché. Il bambino si sente al sicuro quando mantiene un contatto con i genitori, e ciò è istintivo in quanto lo stare vicino alla madre, è da sempre risultato un fattore protettivo che ha favorito la sopravvivenza dalle insidie dell’ambiente, dal freddo, dai predoni. D’altronde dormire da solo è tipico della società occidentale, ed anche qui in fondo solo da qualche decennio. Il bimbo più piccolo, fino a circa sei mesi, ha nel pianto la sua fonte di comunicazione. Il contatto fisico, il suono della voce, un sorriso, il dondolio della culla sono i messaggi di risposta al suo richiamo di all’erta. Non sono più solo, c’è qualcuno che si occupa di me, sembra voler dire. Intorno ai setteotto mesi il bambino riesce a richiamare mentalmente l’immagine della mamma, riconosce gli estranei, è in condizione di sperimentare l’ansia da separazione, che si manifesterà particolarmente in tutte le situazioni che lui giudica pericolose. Quindi ben si comprende come la notte, al buio, solo nella culla, al risveglio, questa ansia possa manifestarsi e con essa il desiderio di ritrovare la mamma. Come si risolve quest’ansia? Naturalmente con il tempo e nella misura in cui il bimbo sarà consapevole che, anche se la mamma ora non c’è, lui è al sicuro, certo comunque (perché lo ha sperimentato tante volte) che se avesse bisogno d’aiuto è in condizione di chiederlo e di riceverlo. Si impara ciò solo con l’esperienza: la mamma (e il papà) istintivamente rispondono alla richiesta di accudimento del bambino con la loro vicinanza, con gesti amorevoli che hanno la capacità di accompagnare il figlio verso un maggiore stato di tranquillità. Ogni genitore, d’altronde, ha il proprio modo di porsi, in ragione del carattere, delle esperienze passate, della sensibilità acquisita, delle scelte ideali, ma anche dello stato di stanchezza di quel giorno, dello stress sul lavoro, ecc… L’autonomia e la tranquillità del bambino nel sonno possono allora essere lette come un frutto dell’equilibrio tra la sua sensibilità (e ogni bambino è diverso dall’altro!) e la capacità dei genitori di dare con il proprio comportamento risposte adeguate e coerenti agli infiniti modi, situazioni, sfumature con cui il piccolo esprime l’essenziale bisogni di sicurezza e accudimento amorevole. Il tono della voce (le famose ninnananne!), i movimenti pacati e lenti, il viso sorridente, la coerenza del comportamento, saranno per lui fonti di tranquillità. Al contrario i movimenti concitati o frettolosi o esasperati (dettati in genere dalla stanchezza o dalla depressione), l’interpretare come richiesta d’aiuto il semplice risveglio o i mugolii o i movimenti durante il sonno, l’accorrere a volte al primo vocalizzo altre volte dopo dieci minuti di pianto, l’irregolarità negli orari di pappa e nelle modalità di addormentamento : sono tutti elementi che non aiutano il bambino e possono creare circoli viziosi di sonno scarso o irregolare. Come gestire il figlio non è però un percorso che vede con facilità accordo tra i genitori, anzi! Il momento del sonno (o ancor più del mancato sonno!) può divenire fattore di grande criticità, e fare emergere quelle differenze di educazione e di carattere tra i partners che finora erano nascoste. Il figlio ci costringe quindi ad imparare, a reimparare, il dialogo della vita: coniugare il verbo amare non a parole ma con la vita fatta di piccole azioni concrete, nella continua ricerca dell’equilibrio tra il dare fiducia e incoraggiare l’autonomia. In questa ginnastica la capacità di dialogo con il partner potrà risultare un’arma vincente, anche perché la richiesta di base del nostro bambino, per essere felice, è respirare un clima sereno e sentirsi amato. Consigli pratici per favorire l’addormentamento • Fattori che danno sicurezza al bambino sono: il contatto fisico, le carezze, il tono pacato della voce, lo sguardo intenso, il sorriso, la coerenza degli atteggiamenti di risposta alle sue richieste. • Nei primi mesi di vita È opportuno che il bambino dorma in una culletta accanto ai genitori, facendolo addormentare a pancia all’aria fino a quando non avrà la capacità di girarsi e muoversi da solo, con i piedini poggiati sul fondo della culletta. • Consigliabile non incoraggiare líabitudine a fare poppate durante la notte, specie dopo i primi tre mesi di vita. • È utile, deciso dove il bambino dorme, farlo addormentare allo stesso posto sia per il sonno diurno che per quello notturno. • Se il bambino ha difficoltà ad addormentarsi Ë utile avere un rituale fisso. Ad esempio: bagnetto, cambio di pannolino, metterlo nella culletta ancora sveglio, cantare una ninnananna o leggere una storia, lasciandogli il tempo di addormentarsi da solo. • Se di notte si sveglia o piagnucola non significa che voglia essere preso in braccio. Aspettiamo qualche minuto e spesso il bambino si riaddormenterà da solo. • Sia i rimedi farmacologici che quelli naturali sarebbero da evitare (o comunque da utilizzare solo su consiglio del pediatra): non sempre sono privi di effetti collaterali e quasi mai risolvono da soli il problema sonno. Per abituare il bambino a dormire da solo nella stanza • Realizzare il rituale dell’addormentamento, come sopra. • Se comincia a piangere o a chiamare aspettate trenta secondi, tranquillizzatelo, uscite dalla stanza con il bambino ancora sveglio. Ad ogni chiamata successiva allungate progressivamente l’intervallo in cui andate nella sua stanza ad 1′ e poi a 2′ e così via, finché il bambino si riaddormenta da solo. • Tenere una piccola luce accesa che permetta il controllo dell’ambiente. • Non fatevi sensi di colpa per i minuti in cui il bambino piange e non intervenite: non gli creerete nessun trauma psicologico.

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