Il sole insiste

Trattare in poesia il tema religioso è come fare il triplo salto mortale senza rete: lo ammette lo stesso Beno Fignon nella sua ultima raccolta poetica Il sole insiste (Città Aperta edizioni). Nella prima delle tre sezioni del libro (Non è qui e più nessuno) l’Autore si presenta nell’ambito del commento di passi dei Vangeli, come uno mescolato alle folle che seguivano Gesù. Questo atteggiamento gli ha permesso di cogliere anche quegli aspetti umani della vicenda evangelica tra i personaggi visti come compagni di viaggio, rivestiti dell’aura che avevano anche i personaggi omerici, anche se orientati da una cultura e una tensione diverse. I personaggi sono quindi scolpiti da Fignon come in un bassorilievo in cui egli stesso si rispecchia e pensa di far rispecchiare, con la poesia, anche il lettore. Oltre la teologia, c’è la poesia che ha il compito di snidare aspetti altrettanto essenziali dell’incontro con il Cristo. E direi che in questo proposito Fignon è ben riuscito. La seconda sezione (Le dimore del sapere-nutrimento) ha tratto l’ispirazione dalla frequentazione dell’autore della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale a Milano. Come riprendere e conciliare in poesia disquisizioni e lezioni teologiche così impegnative? Semplice. Fignon si mette in disparte e osserva. Tutte le composizioni di questa sezione si intitolano Intervalli, seguite dal numero progressivo. Ha così modo di cogliere argutamente e con un sorridente pathos gli aspetti altri della lectio theologica. Infine la terza sezione (Una brezza irrimediabile) completa il lavoro con la scelta di mettere per ultimi i passi che di solito si seguono per primi al fine di arrivare alla decisione per Cristo. E quindi i rapporti umani, gli interrogativi su Dio: Il sole che insiste, il brano poetico che dà il titolo alla raccolta e che qui riportiamo per intero: Una brezza irrimediabile/ ci gonfia vicino a Dio./ L’uomo non è piccolo, stenta/ con piccoli polmoni nella prateria/ e i bisonti da domare/ si rifugia nella casa affamato/ il sole insiste dalle fessure/ c’è/ nell’inverno della mente/ nell’inverno del cuore acceso in primavera/ l’orso al limitare di ogni soglia./ Così la vita degna/ è fame dolorosa dell’impossibile necessario/ in attesa del carro di fuoco. E ancora, il dolore, la morte, la tentazione di resistere alla luce, e qualche piccolo approdo. Un libretto di poesia che è un gioiello. Direi quindi che Fignon, nella sfida, è caduto in piedi. Beno Fignon (foto sopra) è nato a Montereale Valcellina (Pordenone) nel 1940 e vive attualmente Milano, dov’è emigrato all’età di sedici anni. Nel 1984 è giunto primo nella sezione in friulano del prestigioso premio biennale di poesia Città di San Vito al Tagliamento . È redattore de La Mosca di Milano, rivista di poesia, arte e filosofia. Collabora con vari giornali; per il quotidiano Il Gazzettino e il settimanale Il Nuovo FVG, tiene anche una rubrica di aforismi. Ha allestito diverse mostre fotografiche, dedicate al Friuli. Fra i suoi volumi in versi, bisogna ricordare non solo Li’ castelanis (poesia in friulano con traduzione a fronte, Quaderni del Menocchio, Biblioteca civica di Montereale Valcellina, 1984), ma anche Sine glossa (poesia in italiano, Edizioni del Leone, 1993). Fra le sue opere in prosa, spiccano libri come Aforismi (Campanotto Editore, 1991), Cellina (Biblioteca dell’Immagine, 1999), vincitore del premio Città di Milano, Mille e un respiro e Andreis unica (entrambi Rubbettino Editore, 2004).

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