Il sogno di fare film
«Se puoi sognarlo, puoi farlo». La celebre frase di Walt Disney ben si adatta alla storia di Giada Galeotti, 25 anni, di Faenza. Il desiderio, un sentimento di ricerca appassionata, sboccia all’età di 9 anni per un semplice cortometraggio, quasi un gioco, girato alle elementari con la sua classe. Fare film diventa l’obiettivo della sua vita, mai sopito neanche dopo aver completato le scuole medie e le superiori. Il mondo magico del set le prende il cuore, l’intelletto, tutte le energie, tanto che partecipa, subito dopo il diploma come ragioniere programmatore, alle selezioni per la Civica scuola di cinema Luchino Visconti di Milano. Si piazza prima su 400. Le sembra incredibile, ma i sogni si costruiscono con sudore e fatica. Non ha contatti, soldi, conoscenze. E la scuola è a pagamento e in una nuova città.
Frequenta la scuola dalle 8 alle 18 e dalle 18 all’una di notte lavora come cameriera in un ristorante per pagarsi le spese per vivere. Segue i corsi di produttore per il cinema e la tv con incursioni nel mestiere dell’aiuto regista. Mentre frequenta il secondo anno, un suo docente la nota, la ragazza ha talento, e le chiede di lavorare da stagista come assistente alla regia per uno spot pubblicitario. «Un giorno sul set – spiega Giada Galeotti raggiunta al telefono – era per me come aver vinto la lotteria. Comunque sarebbe andata!». Andò bene. Per due anni alterna la scuola con lavori, soprattutto estivi, per una ventina di spot di grandi aziende. È la dura gavetta, unica via per imparare un mestiere. Non è pagata, fa i salti mortali per terminare gli studi, ma ha solo 20 anni. Chi può permettersi di fare il mestiere che aveva sempre sognato? Entra nel giro, conosce tante persone, si crea molti contatti e si fa un nome perché l’assistente alla regia è una libera professione. Lavori solo se sei chiamato e richiamato, con un passaparola che ti permette di andare avanti. «Sono molto riconoscente al mio professore che mi ha preso sotto la sua ala e mi ha insegnato il mestiere dalle basi. Dal portare un caffè sul set a gestire fino a 400 comparse in una grande produzione».
Nel cinema esordisce come assistente alla regia ne Gli sdraiati di Francesca Archibugi con protagonista Claudio Bisio, lavora come assistente extra casting per il film americano Murder Mystery con protagonisti due star hollywoodiane: Adam Sandler e Jennifer Aniston. Lavora anche per Hammamet per la regia di Gianni Amelio e per Me contro te – la vendetta del Signor S di Gianluca Leuzzi. Nella serie tv la troviamo impegnata in Made in Italy di Mediaset e Summertime e Zero per Netflix. «Sul set di Murder Mystery – racconta Giada – è stato impegnativo trovare le controfigure di Jennifer Aniston e Adam Sandler, perché quando il regista prepara un’inquadratura, gli attori devono essere sul set finché tutto è pronto per girare. A volte ci vuole tempo e le star sono convocate solo all’ultimo momento. Nel frattempo, al loro posto, ci sono delle controfigure, degli attori che li sostituiscono».
La lavorazione di lungometraggi e di serie tv durano anche mesi e «sono impegnata h24, non c’è tempo per nulla. Le persone che lavorano nel set e per il set diventano la tua famiglia. Ci si aiuta, sdrammatizzando con battute, sostenendoci quando si è stanchi, ma non sempre si realizza, non sempre leghi con tutti. Tante volte, alla fine di tutto, si crea un legame tale che non vorresti più andar via». Anche in questo ambiente le relazioni autentiche sono essenziali e «gli altri se ne accorgono dall’amore che metti nei piccoli gesti di ogni giorno. Nel mio ruolo sono al servizio di tutti perché devo tenere le fila e coordinare vari reparti. Devo essere molto malleabile ma ferma su altre cose, come il rispetto dell’orario. Devo dire “sì” quando è “sì“ e “no” quando è “no”». Una volta un regista decide di inserire una nuova scena e chiede agli attori di buttarsi vestiti in piscina per fuggire dal cattivo di turno. La scena, come spesso accade, va riprovata più volte. Questo comporta cambiare più volte gli stessi vestiti che si bagnano, ma all’inizio della scena servono asciutti. Un gran lavoro per le costumiste. «Alla fine del lavoro sono salita sul loro camion e le ho ringraziate perché nessuno lo aveva fatto. Mi hanno guardato con gli occhi sgranati, ma nel rapporto con loro ho svoltato.
Da allora sono state molto disponibili con me solo perché ho riconosciuto il loro impegno». Da Faenza a Milano e ora a Roma, la città del cinema. «Non avrei mai immaginato di lavorare in 3 anni, in 3 serie tv e 4 film. Non è merito mio, ma sono guidata da Qualcuno di più grande perché non so mai cosa succederà domani. Puoi stare ferma per 6 mesi e poi lavorare per un anno. Ti affidi e basta. Non mi interessa nulla del denaro, del successo, dell’eventuale fama, è tutta “fuffa”. Mi interessa comunicare attraverso il cinema, uno strumento popolare e universale, i valori in cui credo, la fratellanza universale, perché tanto ho ricevuto e tanto voglio dare».