Il silenzio di Francesco ad Auschwitz

Uno dei momenti più intensi della Gmg di Cracovia è la visita del papa ai campi di concentramento, seguita dall'incontro con i superstiti. Ma non mancano tra i partecipanti i momenti di festa, di chiasso, come sollecitato dallo stesso pontefice
Papa Francesco ad Auschwitz durante la Gmg 2016 foto Ap

La scelta è quella di stare in silenzio. Nessuna parola ad Auschwitz, un lungo momento di preghiera nella semioscurità, il passaggio a piedi nel Cortile dell’Appello, l’incontro con i superstiti. Nei campi di concentramento di Auschwitz, papa Francesco non dice parola. Non ce n’è bisogno.

 

Sono momenti lunghi e intensi, che fanno da contraltare al chiasso che ha – come sempre – contraddistinto la Giornata mondiale della gioventù. L’invito a fare chiasso è arrivato ai giovani direttamente da papa Francesco, appena arrivato. Dopo l’incontro con le autorità il 27 luglio, si è affacciato dal balcone da dove si affacciava sempre Giovanni Paolo II. Ha ricordato ai giovani la storia di Maciek, un volontario che aveva lasciato il lavoro per darsi anima e corpo alla Gmg, e che è morto il 2 luglio, dopo che gli è stato diagnosticato un cancro. Ha spiegato che la vita va presa così, con le gioie e i dolori. E congedandosi, ha chiesto di fare molto chiasso. È la traduzione letteraria di hacer lìo, l’espressione di Buenos Aires che piace molto a Papa Francesco: lo ripete sempre ai giovani.

 

Certo, alla Giornata Mondiale della Gioventù non ce n’è molto bisogno. I giovani sono arrivati da ogni parte del mondo, e camminano festanti per le strade di Cracovia. Ogni volto, ogni gruppo, ha la storia. Ci sono le storie dimenticate, come quelle dell’Armenia, dove in questi giorni si vive di manifestazioni e rischi di golpe, nel silenzio dei media. Sono le storie di speranza, come quelle dei siriani, un gruppo dei quali è riuscito ad arrivare, nonostante la situazione che vivono. Sono le storie particolari, come quelle dei pochi turchi che si sono mossi in gruppo accompagnati dal loro vescovo, il vicario apostolico Ruben Tierrablanca, che passa il tempo con loro, a confessare e a parlare. Numerosissimi, come sempre, gli italiani.

 

C’è, in questa Gmg, una necessità di cambiamento. La consapevolezza che la risposta alla violenza e all’odio è solo un mondo con più fede, e non privato della fede. Così, quando, poco prima della messa di apertura officiata dal cardinale Dziwisz, arriva la notizia della orribile morte di padre Jacques Hamel a Rouen, subito mons. Olivier Ribadeau Dumas, numero 2 dei vescovi di Francia, dice che “la Gmg serve ora più che mai”.

 

Quando arriva il Papa, le catechesi hanno già incendiato il cuore dei giovani. Il cardinale Bagnasco, presidente della Cei, ripete più volte ai giovani di essere “dissidenti”, di andare contro “il mondo di bugie che viene proposto dal pensiero dominante”.

 

E poi c’è il papa, attesissimo per questo viaggio sulle orme di Giovanni Paolo II, e di quel culto della Divina Misericordia che è uno dei più bei doni della Polonia al mondo. L’incontro con le autorità, lo scambio fraterno con i vescovi, quindi la messa a Jasna Gora, lì dove 25 anni fa si tenne la prima Gmg dopo la Cortina di Ferro. È solo nel pomeriggio del 28 luglio che il papa incontra finalmente i giovani. “La Chiesa vi guarda”, dice. E poi aggiunge, a braccio: “Il mondo vi guarda”.

 

È il momento di fare di queste Giornate mondiali della gioventù la risposta al mondo senza Dio. Una necessità, la visita ad Auschwitz e Birkenau. “Dove era Dio ad Auschwitz?” si chiese Benedetto XVI, quando arrivò nel 2006. “Dove era l’uomo?”, ha chiesto invece papa Francesco a Gerusalemme, nel messaggio lasciato al Memoriale dello Yad Vashem. Ora, per papa Francesco è il momento del silenzio. E della richiesta di perdono, lasciata in un biglietto sulla cella di padre Kolbe: “Señor, ten piedad de tu pueblo! Señor, perdón por tanta crueldad!”

 

Stasera, la Via Crucis terminerà il percorso della dolorosa riflessione. E la Veglia di domani sera, che culminerà nell’Adorazione del Santissimo, sarà chiamata a dare una nuova speranza.

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