Il sì alla vita di papa Francesco
Si direbbe un papa che ha il giusto equilibrio tra potere centrale e potere periferico, tra materie di sua stretta competenza e materie che devono essere affrontate in loco, presso le conferenze episcopali nazionali. Ognuno, insomma, ha la grazia “di stato” per compiere la sua missione. Non significa concedere eccessiva autonomia, ma rispetto per il compito che ognuno ha.
Non si spiega altrimenti anche il fatto che il papa una volta presa visione di una certa problematica che gli viene sottoposta per il governo della Chiesa universale, rimanda all’interessato dicastero vaticano competente la risoluzione del caso. È informato, conosce la questione, ma vuole che le soluzioni siano proposte da chi ha le mani in pasta. Poi, lui decide, ma si fida delle indicazioni che gli hanno fornito.
Così la tutela e la promozione dei cosiddetti “principi non negoziabili” sono chiari, universali e restano uguali per tutti, ma le problematiche specifiche sono da affrontare nelle singole nazioni.
È stato così nel maggio scorso quando ha incontrato i vescovi italiani, a cui a braccio ha detto: «Il dialogo con le istituzioni culturali, sociali, e politiche è cosa vostra», risolvendo così un’annosa questione nata da una lettera del segretario di Stato indirizzata nel 2007 al cardinal Bagnasco. Forse, allora, tale posizione era necessaria per riequilibrare certe posizioni eccessivamente politiche; ma ora sono cambiati i tempi.
Non sorprende, quindi, che ieri, papa Francesco, nell’affrontare la questione della vita, nella giornata dell’Evangelium vitae in occasione dell’Anno della fede, abbia messo in luce il positivo del Vangelo della vita non affrontando in modo diretto questioni come aborto, eutanasia, nozze gay, che riguardano le leggi dei singoli Paesi e, quindi, sono di competenza dei vescovi locali.
Il papa è andato alla radice della questione. Il cristianesimo non è una "lista di no", ma un inno alla vita, all’amore, a Dio, in cui si scopre un pieno orizzonte di senso, “un di più” di vita piena. «Gesù ‒ ha detto il papa ‒ è l’incarnazione del Dio Vivente, Colui che porta la vita, di fronte a tante opere di morte, di fronte al peccato, all’egoismo, alla chiusura in se stessi. Gesù accoglie, ama, solleva, incoraggia, perdona e dona nuovamente la forza di camminare, ridona vita».
La realtà, poi, ci dice che c’è una forza di gravità spirituale che ci conduce verso la non scelta della vita perché l’uomo «si lascia guidare da ideologie e logiche che mettono ostacoli alla vita, che non la rispettano, perché sono dettate dall’egoismo, dall’interesse, dal profitto, dal potere, dal piacere e non sono dettate dall’amore, dalla ricerca del bene dell’altro».
Il Vangelo della vita, insomma, abbraccia tutte le fasi dell’esistenza, non solo la vita nascente e la malattia terminale, e dà senso ad ogni istante per raggiungere una pienezza umana.
(Nella foto, una partecipante al raduno delle Harley Davidson accorsa in piazza san Pietro per un saluto a papa Francesco)