Il sentimento della realtà
Ermanno Olmi. Regista, marito, artista e molto altro.
Destò scalpore la notizia relativa all’interruzione dell’attiva cinematografica del regista Ermanno Olmi. Molti si domandarono perché, soprattutto dopo il dirompente e vitale dibattito che Cento chiodi, l’ultimo suo film, aveva scatenato in Italia sul rapporto fede-cultura.
Tra questi, la giornalista Daniela Padoan, autrice di apprezzati documentari televisivi e pubblicazioni, che si è incontrata varie volte con il regista, toccando temi attuali come lavoro, matrimonio, politica, religione, ma soprattutto entrando nel grande laboratorio artistico di Olmi.
È nato così un libro di grande interesse, pubblicato dall’Editrice San Raffaele col titolo Ermanno Olmi. Il sentimento della realtà, nel quale si dispiega la vicenda artistica e umana del regista, come una sorta di biografia intellettuale.
«Quello che più mi sta a cuore in questo momento della vita – afferma Olmi in riferimento alla sua decisione di realizzare nel futuro solo documentari –, è il sentimento della realtà, in quanto essa ci parla solo se siamo capaci di ascoltarla, riosservarla in silenzio, e allora ci dice qualcosa che non è traducibile in termini scientifici, logici o fenomenologici: ci racconta ciò che quel segmento di realtà – magari un tram che passa – ha in sé di sacro, ed è la vita che vive attraverso quale frammento».
Se guardiamo le sue opere, a cominciare da Il posto, opera che lo rivelò alla critica e al grande pubblico, possiamo dire che Ermanno Olmi ha di volta in volta indagato sul rapporto uomo-realtà, con libertà di coscienza e in una prospettiva di liberazione e sviluppo interiore prima che sociale.
Mai ha negato la sua fede, ma ha anche spiazzato sempre chi tentava di ridurlo proprio a motivo della sua fede. Fede cristiana, certamente, nella consapevolezza – per dirla con Pomilio –, che il cristianesimo non è mai ideologia, ma profezia, ricerca, mistero, e la cui comprensione non può essere soltanto razionale: altre piste si aprono dinanzi all’uomo e fra tutte l’amore per la vita, per ogni vita e l’osservazione attenta di quelle esperienze che questa vita va realizzando.
Come ogni vero artista, Olmi ha guardato la realtà con amore, ponendosi in un ascolto capace di mettere in moto la propria ispirazione.
Come afferma Padoan, il valore artistico delle opere di Olmi è oggi universalmente riconosciuto: Godard ha messo il film I fidanzati tra i dieci più belli di tutti i tempi, eppure quel film passò sotto silenzio, pochi lo videro e capirono, molti non seppero della sua esistenza. E così per altri suoi film.
Olmi non si è mai lasciato sedurre successo, ed ha continuato a lavorare restando fedele a quella personale scintilla ispiratrice che mai lo ha abbandonato. Solo con gli anni è venuto il grande riconoscimento, prima con l’Albero degli zoccoli a Cannes, poi con Lunga vita alla Signora e La leggenda del santo bevitore a Venezia. Riconoscimenti e soddisfazioni che non lo hanno mai esaltato, avendo lo spazio che dovevano avere: «Non ho mai considerato il cinema più importante della vita. Un’opportunità per stare insieme agli altri, questo sì; un’occasione di convivialità, come quando inviti qualcuno a pranzo. Se tieni molto ai tuoi ospiti, farai il possibile per cucinare dei buoni piatti. Io ho fatto il possibile per fare dei buoni film».
Il libro si sofferma sul suo ultimo film I cento chiodi, una sorta di testamento artistico dove Olmi, in una sintesi originalissima, ha condensato i temi più amati: la scoperta quotidiana della poesia della vita, la bellezza di quell’Amore di cui parla Gesù che ci permette di donarci agli altri, ma anche la malinconia che si sperimenta tutte le volte in cui perdiamo di vista questo Amore.
In una cultura cristiana che Olmi sente troppo spesso limitata da un formalismo dogmatico, egli, con prepotenza espressiva, rivaluta lo spirito della legge evangelica e sottolinea con forza che Gesù è venuto al mondo per liberare l’uomo dalla schiavitù della legge e restituirgli libertà di coscienza. È solo nella profonda libertà di coscienza che l’uomo si avvicina ai principi della fede per tradurli in vita, diversamente è rinchiuso una gabbia dorata che non lo aiuta a crescere spiritualmente, né a partecipare i propri valori all’umanità.
Guardando la crisi che investe il matrimonio tradizionale, Olmi afferma che la causa prima è da ricercarsi nel fatto che l’Amore non è stato messo al primo posto nella scala dei valori, ed è pertanto uscito dal cuore dell’uomo. Come pure, è stato fatale aver ignorato che l’Amore si coltiva ogni giorno e che deve affrontare tempeste e tentazioni, morte e resurrezione.
«Ho amato molte persone, ma quello per mia moglie è stato, devo dire un amore totale; e nell’amore per mia moglie è compreso quello per i miei figli. Eppure anche questo amore non è un amore che una volta avvertito, rimane una costante nel tempo; no, è sempre un percorso. Qualche volta mi dico – ecco il dubbio – non so se amo davvero come credo; e poi, d’un tratto, si accendono quei bagliori, e sono attimi di vera felicità. In tutti gli anni in cui ho vissuto con Loredana, di simili momenti ne ho avuti molti e quindi, se dovessi valutare questo tempo dedicato all’amore, be’, posso dire di essere contento. E così è per la fede».
Osservazioni e riflessioni personali che ci pongono di fronte a questo artista con grande rispetto, perché con onestà ha percorso la propria strada: «Ho fatto quello che credevo andasse bene per me, e questo è il modo per avere il rispetto degli altri. Si dice che l’artista lavora per sé; io credo che se lavora per sé, cercando l’onestà di quello che fa, allora lavora nell’interesse degli altri. E questo vale anche per il cassiere di banca. E’ sempre così per tutti».
Dalle sue risposte traspare una certezza: Dio ama ogni creatura e la Sua giustizia non prescinde mai da questo Amore: «Quando si parla della giustizia di Dio, non è perché Dio, durante il giudizio finale ti dice quello che hai fatto bene o hai fatto male; no, Dio ti dice, datti un voto. E tu lì non puoi sgarrare. Sarai colpevole di ciò che hai fatto essendo consapevole di fare del male, e se hai fatto del male inconsapevolmente, non sei colpevole».